domenica, febbraio 08, 2015

Prae Mortis Vacuitate, et ad Oblivionem

A leggere i miei ultimi post è evidente che non è un buon periodo; molte sono le cose che non vanno o, quanto meno, che io non percepisco e non vivo positivamente. Non mi sto giustificando, questo blog è lo specchio e limbo dei miei pensieri in cui rifletto ed abbandono la mia razionalità e la mia emotività. In queste ultime settimane vado ripetendo che siamo solo persone e non robot, quindi soggetti a variazioni di stati d'umore e discontinuità nelle nostre azioni, quindi non mi vergogno di ammettere che, con non poca fatica celo il mio malumore, la mia tristezza ed il mio scoramento. Tutto questo non è dovuto purtroppo a cose di poco conto, quindi non sto prendendo superficialmente la mia vita e tutto quello che le gravita attorno anzi sto riflettendo su quella che è quasi la metà della mia esistenza e delimitando i nuovi perimetri in cui mi devo muovere.
Non di rado il mio pensiero torna a chi non c'è più (Ricorrenze - 4 anni, Sogno: Musica in Paradiso, Son 10... ma Lui ancora C'è!) ed ancor di più in queste ultime settimane, viste le tristi notizie che mi hanno raggiunto, rendendomi partecipe delle dipartita dei familiari di alcuni miei conoscenti. Anche nel mio menage familiare non tira buona aria, le notizie non sono confortanti, ma non disperiamo. Come non pensare quindi al "Prae Mortis Vacuitate, et ad Oblivionem (il vuoto della morte... e dell'oblio)". A soli 42 ancora non compiuti, troppe sono le presone che non sono più sul mio cammino: sì, per me sono troppe. Questa volta non ne farò l'elenco come su una stele commemorativa, ricordo i loro volti, i loro nomi, come le loro esistenze si intrecciavano più o meno profondamente nella mia e conosco il vuoto che è arrivato ed ha preso il posto della loro esistenza. Sembra facile non pensarci, trovare delle scuse per non dare importanza ai segni che hanno lasciato accompagnandomi nei diversi momenti della mia esistenza; ma per me non lo è mai stato. Ognuno di loro ha contribuito a rendermi quello che sono, le loro parole, il loro modo di considerarmi e di relazionarsi con me, ha fatto si che io crescessi con loro ed anche grazie a loro. Il vuoto che li ha sostituiti è inerte, inutile ed in certi momenti soffocante, anche troppo, sino al punto da togliermi ogni vitalità di pensiero e di azione. Sia chiaro non parlo di depressione o di un enorme sconforto, ma solo di un senso amplificato di solitudine e di senso di incapacità verso la vita; brevi istanti in cui si riflette sulla poco gratitudine che abbiamo verso la nostra esistenza per quanto possa sembrare misera o poco entusiasmante, ma è di gran lunga meglio così, che non essere sostituiti da un vuoto oblio dei ricordi. Mi mancano quelle persone, quegli amici con cui ogni giorno potevo mettermi alla prova e guadagnarmi il loro rispetto, il loro affetto e la loro amicizia, ma di loro è restato solo il vuoto con il rischio anche dell'oblio.
Forse sto invecchiando più di quanto credo e forse è meglio che mi abitui all'idea che d'ora in avanti saranno sempre più frequenti questi tristi notizie e che i vuoti potrebbero aumentare: ma come abituarsi? Conosco la morte, so che effetti da alle persone persone ed a me, ma non mi è ancora familiare l'abitudine a questo evento; ancora credo che ognuno di noi sia interminabile, anche se non vedo più la persona, non la sento e ne perdo i contatti, per me è sempre in buona saluta da qualche parte a condurre la propria esistenza, non riesco a pensare che possa non esserci più. Saranno settimane e mesi complessi e difficili i prossimi, ma non voglio assolutamente considerare i possibili vuoti che potrebbero assommarsi a quelli già presenti. Penserò ai nuovi vuoti solo quando sarà il caso. Per un mi crogiolo nei ricordi di coloro che ho conosciuto e che non ci sono più per non lasciarli all'oblio. La morte si sconfigge solo se non si dimentica.

lunedì, febbraio 02, 2015

Che Dire...? Scomunicato!!

scollegato? scomunicato? disconnesso?
Più passa il tempo e meno trovo tempo. Fu una scommessa oltre che una delle tante sperimentazioni sul web quella di approdare su un blog, scelta che mi coinvolse ben oltre le mie aspettative; però col passare degli anni ed il cambiare delle piattaforme, molto di quell'entusiasmo è andato perdendosi.
Sono combattuto nella mie sensazioni e nelle mie necessità: mi manca venire qui a scrivere quel che mi passa per la testa, ma il poco tempo che mi rimane delle mie giornate tipo il più delle volte non mi invoglia a scrivere. Ma a ben pensarci la cosa potrebbe essere anche più complessa che non solo la mancanza di tempo. Nei momenti più disparati mi vengono in mente titoli e contenuti per dei post, spesso simpatici ed accattivanti, ma quando poi arrivo a casa, mi trovo svuotato e senza energie comunicative, come se il semplice fatto di aver pensato al titolo ed al contenuto del post equivale ad averlo scritto, tanto da non aver più voglia di cimentarmi a digitare sulla tastiera; sembra quasi che mi stia facendo il mio blog personalissimo in testa e non mi serva più venire qui a trascrivere i pensieri in parole di senso più o meno compiuto. Ma non è tutto, come ho scritto ultimamente, mi manca la volontà di "scambiare" di condividere e mettere in vetrina i mie pensieri; il senso di delusione che mi accompagna ultimamente dalla manca di relazioni "fisiche" tra le persone mi trascina nello sconforto e nell'ottusa convinzione che gli strumenti "social" allontanano le persone anziché avvicinarle; se un tempo internet accorciava le distanza, avvicinava le culture ed i pensieri, oggi internet con tutti i suoi strumenti allontana, tiene le persone a quel giusto distacco per  imperdire di approfondire il rapporto, mantiene quella diplomatica distanza per non farsi "leggere" dentro, evitando così il rischio di rivelare la propria intima natura con i suoi pregi ed i suoi difetti.

Quasi 2 anni fa abbisognavo di un telefonino e controtendenza me ne sono procurato uno che non era quello che tutti oggi hanno per le mani. Un semplice telefono con una videocamera di bassa qualità, nessuna uscita/ingresso usb, niente infrarossi, niente di niente: un telefono portatile come quelli degli anni '90. Ebbene senza uno straccio di applicativo che viaggi su internet sono quasi completamente fuori da ogni comunicazione di massa. La scelta fu ponderata: non volevo diventare uno schiavo di uno strumento. Ed ecco che 2 anni dopo vedo la maggior parte della genete che ad ogni occasione è a capo chino su questi marchingegni infernali a watsappare, a facebookkare, a twitteggiare, passando instancambilmente da una applicazione all'altra; io d'altro canto sono invece a testa alta a guardare tutti gli altri che a testa bassa pare si stiano guardando tutti i piedi; camminano a testa bassa, parlano al telefono mentre a testa bassa smanettano su queste virtuali tastiere qwerty a digitare millemila caratteri che riempiono internet di chissà quale saggezza popolare. Non riesco quasi più a vedere il volto delle persone, specie quello delle ragazze: sigh!

Che tristezza.

In quelle rare occasioni in cui riesco a scambiare due parole, mi accorgo che mentre io potrei abbondantemente superare i 140 caratteri il resto del mondo è fermo a 139. Non trovo più stimoli di conversazione che siano ritmati, continuativi e interettivi al punto giusto... mi si sta atrofizzando il cervello. Quindi che dire...? Mi domando se ha ancora senso venire qui a scrivere più di 139 caratteri, quando già al 50mo tutti smettono di leggere? Mi rammarico di avere un blog di oltre 100 post all'anno nella mia testa e non riuscire quasi a scriverne 1 al mese come nell'anno appena trascorso.

Per ora, mi accontento di essere qui questa sera a "lamentarmi" del fatto che non più molto da dire: mi sento "scomunicato e disconesso".