martedì, novembre 25, 2014

Under Pressure

No non è il titolo della più che famosa canzone dei Queen, è' la condizione in cui negli ultimi 10 mesi mi sono trovato.
In più di un occasione ho denotato che il lavoro a volte disumanizza troppo le persone specie di questi tempi in cui il lavoro scarseggia sia nella sua accezione di chi è impiegato e ancor di più nell'accezione di chi lo cerca. Cerco sempre di non lamentarmi e di non lasciar trapelare troppo di quelli che sono gli eventuali disagi, fastidi, difficoltà che vivo durante le mie giornate lavorative, ciò non toglie che ci siano e che abbiano un peso anche per me.
Nel corso degli ultimi 2 anni mi ero posto un obbiettivo minimo e che solo in parte sono riuscito a raggiungere. Non amo vivere alla giornata ne tanto meno lavorare senza un lietmotiv comune ai colleghi, ma ultimamente è stato davvero difficile destreggiarsi in mezzo all'apparente confusione che contraddistingue le mie giornate. I motivi sono i più disparati e non certo per colpa dei colleghi incompetenti o dei colleghi cosiddetti antipatici, bensì per via di una troppo mutevole instabilità che contraddistingue tutti gli ambienti di lavoro in cui tutti si annaspa e si tira il carretto (anche se la maggior parte delle volte in direzioni diverse gli uni dagli altri). Si viene così travolti da un ambiente di lavoro che appare sempre più difficile, competitivo e convulso creando distanza tra le persone. Così ogni giorno che passa ci si isola sempre più sulle proprie posizioni, sulle poche convinzioni, sulle minime aspettative e su quelle che si credere essere le "procedure aziendali".
Ho tirato per 16 mesi buoni a testa bassa per contribuire a trovare e indirizzare determinate situazioni al loro efficientamento e consolidamento; insomma ho affrontato diversi "cantieri" di una certa rilevanza per migliorare il mio lavoro e quello dei colleghi per non dire dell'azienda, ma la frustrazione negli ultimi 40 giorni ha avuto il sopravvento. Quattro erano questi cantieri e tali sono rimasti: "cantieri a cielo aperto". In quasi due anni non si è arrivati alla conclusione di nulla. Nonostante l'impegno, la flessibilità, l'apertura più che trasparente al confronto e coinvolgimento nulla si è mosso, tutto è rimasto com'era se non addirittura è peggiorato non avendo più riferimenti adeguati e solidi né in un verso né nell'altro.

Sedici mesi, sotto pressione, tenendo le fila di più situazioni, traccheggiando e puntellando giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese ogni piccola traballante situazione sulla quale non si aveva il debito "controllo" ne tanto meno gli strumenti adatti per la gestione della "cosa". A testa china a tenere botta ad ogni tentativo di istigazione, di polemica su questioni neanche così fondamentalmente significative, prese in considerazione solo perché utili a creare il pretesto a divenire il momento scatenante a rappresentare la pietra dello scandalo. Un lavoro di mediazione continuo, spronando in un verso e calmierando da un altro. Sollecitare da un lato e raffreddare da un altro. Quel che più è stato intenso da sostenere è stato ed è ancora, regolamentare e coadiuvare gli stati d'animo delle persone, sì perché sul posto di lavoro ci sono le persone con i loro pregi ed i loro difetti, i loro problemi dentro e fuori l'ufficio, le loro aspettative e le loro preoccupazioni. Se qualcuno lo sta pensando, sono concorde: non tocca certo a me salvare il mondo! Ciò non toglie che per il "mio" quieto vivere, tra pendolarismo (mannaggia a frenitalia ed i suoi frecciarotta), lavoro e questioni di famiglia, mi prodigo in ogni frangente affinché riesca a cavarmela con la minor rottura di scatole, in senso assoluto parlando, ovvero meglio spendere energie per mediare i rapporti che subirli e farmi frantumare i gioielli di famiglia.

Concludendo tanto ho fatto girare la ruota che tanto si è rotta. Frustrazione a mille per obiettivi mancati e non totalmente raggiunti, insoddisfazione quanto basta per gli scarsi risultati e poco voglia di relazioni. Fortunatamente per me si avvicina sempre più il periodo natalizio, momento nel quale tirerò un po' il fiato per poi chiudere l'anno con gli effettivi consuntivi, che prevedo non saranno dei più rosei e soddisfacenti: vi saprò dire.