sabato, novembre 21, 2015

11 Anni = 390.618





Dopo 11 anni solo un numero: 390.618!
Questi sono i chilometri percorsi dal sotto scritto in poco più di un decennio in giro per il Paese.
Per dare un senso a questo numero devo ovviamente fare anche un breve excursus per far comprendere meglio cosa possa rappresentare o meno questo numero. In quel di ottobre del 2004 sono stato, per certi versi, obbligato a intraprendere un percorso lavorativo e personale in cui a seguito di un precetto non ho avuto modo di restare a lavorare nella mia città ritrovandomi così così catapultato nella città capitale d'Italia. Da quel momento un solo pensiero mi ha accompagnato: tornare a casa. In un primo momento i ritorni a casa erano estemporaneamente periodici per ricongiungermi con i familiari, sfruttando ferie e fine settimane in modo tale da non restare mai troppo tempo lontano da casa. Ma più passava il tempo e più facevo i conti con me stesso, con la città capitolina, con la famiglia e più cresceva e prendeva forma il pensiero originale: volevo tornare a tutti i costi a casa. E' stato così che nel maggio 2007 ho colto la prima occasione decente che mi si è presentata per ritornare nella città natale. Così per poco più di due anni ho avuto modo di tornare a respirare l'aria sabauda oltre che riempirmi gli occhi del favoloso panorama che stagionalmente l'arco alpino che circonda la città taurinense offriva di volta volta in volta. Ma questa opportunità non è potuta durare, perché in definitiva l'opportunità lavorativa non era così decente come mi ero augurato. Ritorno dunque sui miei passi e nell'ottobre 2009 mi ritrovo nelle terre pontine in provincia della capitale, dove rimango relegato in limbo che dura 3 anni con poche occasioni per tornare alla mia tanto amata residenza torinese. Situazioni mutevoli che non posso controllare, fanno sì che si crei un'opportunità per avvicinarmi ed è così che a gennaio 2013 approdo nella metropoli ambrosiana, dove però in questo caso non resto a viverci ma dove invece quotidianamente raggiungo ed abbandono per via del lavoro. Giungiamo quindi ad uno degli ultimi atti di questo peregrinare per mantenere un posto di lavoro: a novembre di quest'anno abbandono definitivamente la città meneghina per tornare ad approdare nella città metropolitana piemontese.
Vien da se quindi che il numero 390.618 siano la sommatoria dei chilometri che ho percorso in 11 anni per andare e tornare da casa verso i vari siti lavorativi a cui ero destinato. La maggior parte sono stati percorsi con i treni, di ogni categoria e classe, per un totale di 301.328 km, mentre i restanti 89.290 k sono stati percorsi in automobile. Solo negli ultimi 3 anni per  raggiungere ed abbandonare la metropoli meneghina ho percorso più di 260.000 km di strada ferrata. Per completezza  e chiarezza va tenuto presente che i numeri sono ricavati dai biglietti ferroviari e della mappe stradali, sono precisi al 96% in quanto di alcuni viaggi non ho tenuto traccia dei biglietti e/o dei pedaggi, ma sostanza i numeri sono realistici tanto da poter palesare anche il costo sostenuto per tutti questi viaggi che ammontano ad un totale di 17.637, 32 euro in cui di nuovo la fa da padrone nuovamente la strada ferrata con 13.313,15 euro spesi in oltre due lustri  contro i 4.322,17 euro spesi con l'automobile tra benzina e pedaggi. 
Trovate tutto ciò maniacalmente inutile? Forse potrebbe esserlo ma non per uno come me che ha la tendenza ad avere un'elevata coscienza e consapevolezza delle proprie esperienze. Ovvero con il senno di poi se avessi avuto maggiori mezzi economici il numero sarebbe stato ben più elevato, soprattutto quello relativo ad i viaggi in automobile, perché l'istinto in primis, ma anche esigenze familiari piuttosto oggettive mi avrebbero portato a rientrare verso le colline torinese il maggior numero di volte possibile. 
Comunque sia ben conscio che nella vita ci sono stati e ci saranno sempre i veri  "Grandi Viaggiatori", io non mi ritengo tale, bensì un modesto viaggiatore, a cui questo numero resta di fatto significativo ed impressionante al punto da poter e voler considerare concluso questo ciclo e di no dover riprendere a vagabondare per il Paese per inseguire un lavoro o chissà quale altra chimera, ed incrementare così questo numero.

martedì, ottobre 27, 2015

La Mia Personale Expo 2015

Personale Locandina dell'Expo 2015
Sin dalla conferma che Milano avrebbe ospitato l'Esposizione Universale nel 2015, mi sono domandato cosa rappresentasse questo evento, a cui non sempre si può partecipare ad ogni sua edizione essendo svolta sempre in paesi diversi e spesso lontani. Non mi soffermerò sulle vicissitudini politiche (sponsor globalizzatori) ed economiche (scandali appalti) che hanno accompagnato la costruzione ed il completamento del sito espositivo, ma condividerò quella che è stata la mia personale esperienza di un'evento come questo. Da quanto veniva detto e spiegato per promuovere questo evento globale mi ero fatto un'idea che di per sè mi affascinava dove già lo slogan era accattivante: "Nutrire il pianeta, energia per la vita". Ed anche le presentazioni pre-apertura sottolineavano la volontà di focalizzarsi su quanto era necessario fare per salvaguardare il pianeta e le sue zone meno ricche. Bene se questi erano i presupposti, di certo poteva essere una grande occasione per partecipare e poter così dire "Io c'ero!". Quindi già a partire da marzo/aprile ho iniziato a cercare informazioni e spiegazioni di come sarebbe stata questa esposizione universale: risultato nulla di soddisfacente! Il sito ufficiale era poco più di una vetrina generica la cui sezione operativa era solo quella per l'acquisto e gestione dei biglietti di ingresso. Nessuna informazione su come erano distribuiti le possibile aree a tema o un ipotetico raggruppamento dei padiglioni per argomento sul tema dell'expo. Sino a quando non è stato aperto ufficialmente l'Expo il sito ufficiale non ha preso vita. Le altre informazioni che ho potuto rintracciare erano tutte "promozioni" dell'evento stesso, piuttosto che "promozione" di eventi correlati in giro per la città di Milano o di quelli che si sarebbero estesi sino a Torino.
Comunque sia, nonostante il crescente disinteresse, vista l'opportunità di avere un biglietto ad un costo scontato prima dell'apertura ufficiale ne ho preso uno ed ho atteso che giungessero le prima informazioni, i primi commenti, i primi servizi esplicativi dell'evento, ma la confusione regnava sovrana; sfruttando la possibilità di sentire i commenti sul treno, in quanto io pendolare, i commenti erano discordanti tra coloro a cui era piaciuto e coloro a cui non era piaciuto. I servizi televisivi relativi a tale evento sembravano tutti istituzionalizzati e poco espliciti (almeno così erano quelli che ho potuto vedere io). Dunque, non mi è restato altro che decidere una data ed andare scegliendo settembre, con la speranza che tutto fosse ormai rodato ed a solo un mese dalla chiusura.
Bruciando così un giorno di ferie il 10 settembre ho dedicato la giornata all'Expo, ed una volta arrivato lì, con le poche informazioni di cui disponevo, mi sono catapultato in "un mondo alieno e sovrappopolato" in cui si doveva fare code (a volte estenuanti) per ogni cosa già sin dall'ingresso alla struttura per non parlare dell'accesso ai padiglioni (tutti), dei bagni, dei ristoranti/bar. Alla alla fine l'unico posto in cui non c'erano code è stato al Museo temporaneo in cui Sgarbi aveva selezionato le 200 rappresentative dell'Italia (dal suo punto di vista e stile di critica). Quindi con non pochi preconcetti e viste le code chilometriche da fare mi sono focalizzato su quello che speravo fossero i temi veri dell'Expo, ossia i cluster: Riso, Cioccolata e Caffè, Spezie, Frutta e Legumi, Bio-Mediterraneo, Isole, Mare e Cibo, Cereali e Tuberi, Zone Aride. Non starò certo qui a fare una pedestre descrizione di ognuno, ma vi condivido invece la mia grande delusione. Se il tema era nutrire il pianeta, questo tema era per lo più il messaggio subliminale in cui si annidava il richiamo a tale evento come luogo in cui riempirsi la pancia di ogni sorta di cibo.
I cluster su cui mi ero focalizzato e che dovevano dare l'impulso a farci prendere coscienza su quali siano le nostre risorse alimentari ed energetiche, di come siano distribuite e come possano essere sfruttate al meglio o di come poterle condividere con gli altri, si sono ridotti a pochi cartelloni, più o meno leggibili e spesso anche poco accessibili; un esempio i cartelloni del cluster delle spezie erano perennemente coperti dalla gente che vi si sedeva sopra per riposare le proprie stanche membra piuttosto che per mangiarci sopra. Col senno di poi, questi cluster male allestiti sono risultati solo delle didascalie a corredo di un evento che si è concentrato solo sul consumismo. Poche erano le persone che ho visto concedersi alla lettura dei contenuti dei cluster. La maggior parte si è concentrata sui padiglioni, particolarmente ricercati nella loro architettura esterna, sulle opportunità di ingurgitare cibi di vario genere oltre che poter fare un po' di shopping, mentre altri frenetici come formiche correvano da un padiglione all'altro per avere il timbro sulla mappa o su un fac-simile di un passaporto.
Per questo ad un certo punto mi sono ritrovato fermo in mezzo al passaggio continuo di persone e guardandomi intorno per capire dove diavolo fossi finito ho raggiunto la conclusione che l'Expo 2015 mi rappresentava solo centro commerciale universale, trovando conferma anche dopo esserci stato scoprendo gli sconti di fine stagione nelle ultime tre settimane di ottobre sulle tariffe dei biglietti.

Oggettivamente però devo dire che questo evento era da vivere in modo diverso: non con ingressi serali per poche ore, non per un giorno come ho fatto io, ne con un carnet da tre giorni. Sarebbe stato necessario, come per ogni evento di grandi dimensioni, dedicare almeno dieci giorni consecutivi. Prendere un pass stagionale (conveniente per la verità) e ogni giorno dedicarsi ad un tema/cluster e visitare e vivere gli eventi nei padiglioni. Questo approccio però tolto il pass stagionale, sarebbe stato dispendioso in termini di tempo e denaro (si vorrà pur mangiare tutti i giorni e viaggiare per raggiungere l'esposizione?) che non tutti si possono permettere, quanto meno per il tempo che avrebbe richiesto. Preso così in una giornata o in qualche ora, non se ne poteva cogliere il valore vero, ma risulta essere solo una enorme accozzaglia di culture brulicanti.

Conclusione, sono rimasto deluso perché non ho potuto vivere nel modo giusto questo evento, perché non sono stato supportato dalle informazioni necessarie a comprenderlo.

domenica, settembre 06, 2015

La Torino Emigrata

Foto prelevata da https://espress451.wordpress.com
La mia città quasi natia, quale è Torino, ha subito grandi trasformazioni negli ultimi 10 anni. Questa decade per me è significativa perché è l'arco di tempo nel quale mi sono dovuto allontanare da questa città, oggi metropolitana, che ho visto trasformarsi più o meno lentamente nel corso degli anni. Ci sono stati eventi importanti anche internazionali che hanno dato i primi impulsi a questi cambiamenti, ma ce ne sono stati anche altri, più in ombra e per certi versi subdoli che hanno trasformato la città.
Le olimpiadi invernali del 2006, hanno smosso l'immobilità della cultura piemontese di questa città obbligandola ad aprirsi al mondo, ritrovandosi così a dover rifare il trucco per rendersi presentabile, accogliente, moderna ed accattivante. Tutto ciò quindi ha creato un lento movimento di ristrutturazione non solo dell'aspetto architettonico creando mille cantieri per rifare pavimentazioni e sistemare edifici, che oramai erano impresentabili, ma anche ad iniziare opere di grandi rilevanza quale è stata la metropolitana sotterranea che sino al 2004 sembrava impensabile se non addirittura irrealizzabile. Unitamente a questo in un momento di maggior sviluppo sui servizi e sul turismo è coinciso anche l'oscuro momento di declino economico,  sì perché di questo si è trattato, un declino che si è nascosto dietro l'incremento dei lavori di miglioramento della città per gli eventi internazionali più o meno grandi che hanno sostenuto una economia fantasma la cui scia positiva è praticamente terminata nel 2008 anno della ormai palesata crisi economica che ha piegato le ginocchia a Torino come a tutto il Paese. Da questo momento in poi, nonostante lo sforzo di mantenere vivo l'interesse turistico o religioso della città, ci sono state oscure e malcelate azioni di riorganizzazione economica che hanno portato grandi ed importanti  gruppi del polo torinese, di cui non farò il nome, ma che per farvi capire riguardano il comparto automobilistico, quello bancario e quello assicurativo (e tutto il loro indotto), a scegliere nuovi percorsi per consolidarsi e tenere il passo con la globalizzazione italiana prima poi europea ed infine mondiale. Così una grande città provinciale quale era Torino si è mano a mano trasformata in una città sì più moderna e metropolitana, ma a conti fatti risultando più una città fantasma, subendo di anno in anno un emigrazione della popolazione lavorativa e credo anche studentesca, non a caso infatti il Politecnico di Torino con la sorella Facoltà di Architettura non è più così ambita come un tempo.
Questa è la convinzione che ho raggiunto da migrante del lavoro quale sono stato nell'ultimo decennio e soprattutto negli ultimi tre in cui giornalmente "pendolavo" tra Torino e Milano, vivendo così in prima persona il crescente esodo dei lavoratori torinesi. In questo decennio, dunque, ogni qualvolta rientravo nella città sabauda la ritrovavo ogni volta sempre meno vitale, sempre più silente e sempre più stanca. Partendo da Roma e arrivando nella mia amata Torino, anno dopo anno l'ho ritrova si rinfrescata nel suo aspetto e per certi versi migliorata, ma priva di energie, di partecipazione, meno vissuta e coinvolta nel suo intimo quotidiano. Solo nei punti turisticamente e culturalmente più caldi si poteva e  si può trovare un po' di vitalità, ma oltre questi luoghi il nulla. L'economia stantia e morente che è stata vittima dell'esodo "dei grandi motori economici" ha procurato una progressiva fuga verso città economicamente più vantaggiose quali Milano, Roma e Bologna, luoghi che i torinesi quotidianamente o settimanalmente sono obbligati a raggiungere per avere modo di lavorare e sbarcare il lunario; un sistema di vita imposto dalla scelta delle aziende che hanno ridotto i costi abbandonando Torino per concentrarsi nelle altre città economicamente più riconosciute e frequentate. Certamente c'è ancora chi resiste ed ha la fortuna di lavorare in questa città di lavoratori emigrati, ma sono poche eccellenze che rischiano tutti i giorni di emettere l'ultimo respiro. Il mio vagare per il Paese è figlio della ricerca della stabilità lavorativa quindi io per primo sono un emigrante del lavoro e nei miei viaggio ho avuto modo di confrontarmi con la realtà altrui, a volte più faticosa della mia, scoprendo così persone di una forza e determinazione interiore davvero notevoli.
Proprio per aver conosciuto la forza dei torinesi, che mi duole vedere questa città agonizzare e non trovare il proprio orgoglio nell'avere più "cuore" per essere più accogliente ed accattivante ed ottenere così il medesimo riconoscimento socioculturale ed economico come le altre città che ho menzionato; sembra che qui ormai si sopravviva stancamente agli eventi, sperando che le cose non peggiorino. Evito però di fare delle domande retoricamente scontate e lascio solo questo mio rammarico in queste parole sperando di vedere un domani una Torino più dominante e presente nell'economia del Paese.

giovedì, agosto 13, 2015

Il Lungo Viaggio con R.

Non saprei nemmeno da dove iniziare tanto è particolare il modo con cui alla fine ho stretto amicizia con Lei. Seppure abbia iniziato a fare il pendolare dal 2 gennaio 2013, credo di aver intravisto quella particolare chioma forse solo qualche mese dopo. Il modo di viaggiare prima era diverso rispetto ad ora perché il regolamento di viaggio e l'affluenza erano tali per cui era più probabile essere in carrozze diverse e posti diversi, ma soprattutto le esigenze di come viaggiare erano diverse. Quindi solo qualche mese dopo ho intravisto la sua particolare chioma, di quelle che si distinguono ovunque e che a me oltretutto piace molto, attirando così la mia attenzione. Ma non ci fu mai occasione di incrociare gli sguardi tanto da poterci permettere un accenno di saluto.

Ho viaggiato in ogni modo sul treno ad alta velocità che quotidianamente prendo: seduto in standard, ossia quella che un tempo si definiva seconda classe, seduto sui gradini, in piedi tra le carrozze, in executive (cioè la vecchia prima classe); ma solo quando sono tornato nella standard, iniziando a prenotare il posto a sedere ho avuto occasioni sempre più frequenti di incrociare la "simpatica" testa riccia che mi aveva colpito tempo prima.
Devo ringraziare i ladri che si rubarono il rame in quel caldo ed anomalo ottobre: sì perché mi hanno dato l'opportunità di poter sfruttare 3 ore di stop sui binari per chiacchierare un po' con Lei, la chioma riccioluta! Occasione nella quale sono quasi certo di non averle fatto un bella impressione, forse colpa del mio sguardo insistente nel scrutare il suo volto, i suoi capelli, ma non potevo resistere, confesso che ne sono rimasto affascinato e non solo per il suo aspetto più che gradevole, ma anche dalla personalità che emanava; fin da allora c'è stato sempre qualcosa in Lei che mi attraeva, che andava oltre l'aspetto estetico del suo volto e dei suoi infiniti ricci. I suoi occhi sostenevano lo sguardo di ogni interlocutore con cui aveva a che fare anche in quella grottesca situazione. Comunque sia dopo quel episodio alquanto particolare, le cose in sostanza non cambiarono di molto. Ogni mattina ed ogni sera poteva capitare che ci incrociassimo sul binario in attesa del treno ed a stento riuscivo a salutarla, più per la mia timidezza, penso, che per altri motivi.
Le settimane ed i mesi si sono susseguiti e nello scorrere del tempo, confidando nella familiarità dei volti che si vedono di giorno in giorno, ogni volta che intravedevo i suoi riccioli ho cercato di rendermi sempre più visibile, anche solo per un cenno di saluto, silente il più delle volte, temendo che non sentisse visto che le cuffie sono sue buone compagne di viaggio. Così, un giorno, non so bene quando, mentre Lei risaliva le carrozze del treno, ho buttato lì un ciao sia con la voce sia con un cenno della mano e sorpreso sono stato ricambiato, per cui immediatamente ho realizzato che c'era spazio per socializzare. Da quel momento ogni volta che riuscivo ad incrociare il suo sguardo un cenno di saluto ed un sorriso non mancavano mai, rito che negli ultimi mesi è diventato talmente naturale da diventare quasi quotidiano. Pur cercando di non essere invadente, una mattina in cui si è fermata a scambiare due chiacchiere, ho trovato modo di fare le presentazioni di base scoprendo finalmente il suo nome che per rispetto alla sua privacy, come fanno i giornalisti (quale non sono) userò solo una fittizzia iniziale: R(iccia). Dopo le presentazioni di quella mattina la confidenza ed i momenti di ritrovo ai binari sono sempre stati in crescendo, mai forzatamente cercati.

Con R. mi sono trovato subito a mio agio, anche se sono sicuro di aver dato un impressione diversa forse per colpa della fatica che facevo dal trattenere l'interesse per Lei e per la sua personalità ed il suo carisma. Contrariamente ad altre conoscenze che ho fatto in passato, questa non è stata né di quelle mordi e fuggi dove ti racconti un sacco di cose addosso ma che non ti lasciano granché, né di quelle di conviviale socialità davanti ad un aperitivo o in qualche locale da dove poi potrebbe partire un'amicizia. Questa è una storia diversa, cresciuta in tempi lunghi fatti di attimi sfuggevoli e circoscritti ad un momento della giornata particolare sia che suo; fuori dai normali tempi scanditi dalla vita. Entrambi come pendolari concediamo al lavoro dalle 4 alle 6 ore di viaggio tutti i giorni: ore sottratte invece ai nostri affetti ed alle nostre passioni od ai nostri impegni personali. Rispetto ad altre conoscenze più immediate e coltivate ogni giorno sui treni della mattina e della sera, quella con R. è stato un percorso accrescitivo. L'interazione è andata talmente in crescendo che per scelte comuni, anche se per motivazioni diverse, ho avuto il piacere e sì anche l'onore di viaggiare con R. per ben 5 settimane con  almeno 1 viaggio su 2, quasi ogni giorno. In questo modo ho potuto scoprire che con Lei è facile parlare, confrontarsi ed anche quando capita di dare un'impressione forse sbagliata non ci si sente "giudicati". Gli argomenti che abbiamo trattato sono stati molteplici, da quelli faceti a quelli più seri ed in alcuni casi anche grevi, però ogni volta trattati con gentilezza e rispetto. Discorsi spontanei e fluenti, in rari casi forse ci sono stati degli imbarazzanti silenzi, discorsi nei quali ho scoperto che seppur diversi, entrambi abbiamo fatto dei percorsi che ci hanno arricchito l'animo al punto da poter comprendere meglio non solo gli altri ma anche noi stessi, dove R. è un bel po' avanti a me perché alcune delle sue esperienze, che  a me mancano e che posso solo immaginare, sono state davvero importanti anche se non piacevoli. Da tempo non trovavo qualcuno con cui mi sento a mio agio potendo esprimere pensieri e  parei, talvolta anche dei giudizi, il tutto senza avere il timore di essere considerato "sciroccato o mal sopportato". La riprova di questa idea del fatto che non le sono "avverso" o  "molesto" sta nel fatto che non ha mai rifiutato la mia compagnia con chissà quali scuse né tanto meno mi ha evitato in modo palese come si fa si solito con le persone meno gradite; anche il linguaggio del corpo è tale per cui non percepisco disagio o fastidio da parte sua nel sopportare la mia presenza o le mie parole anche quando non siamo concordi.

Il lungo viaggio, 2 anni o poco meno, con R. si è interrotto in questo periodo estivo per via delle vacanze e forse difficilmente riprenderà considerato che molto probabilmente prenderà treni diversi dai miei. Mi auguro di poterla ritrovare e rivedere di quando in quando per godere ancora della piacevole compagnia della sua chioma riccioluta.

domenica, luglio 26, 2015

Parole Evocate - "Virtualismi"



foto di Lorenzo Ravasco (2003) - fonte http://www.unicornnights.com
A conclusione del ciclo delle Parole Evocate dal passato, questa è la terza ed ultima scelta di quelle parole scritte in un tempo lontano custodito nel quaderno ritrovato nel "cofanetto dei ricordi". In questa occasione quanto seguirà risulta essere un gioco sul mondo virtuale che all'epoca frequentavo con più assiduità rispetto al tempo che mi concedo oggi. Come per le altre occasione, le parole che seguiranno saranno dettate da un momento analogico in cui le lettere, le parole ed i pensieri si dipanavano sotto la penna in modo più emotivo che ragionato.

Una sera come tante, niente di speciale ne nell'aria ne dietro la nuca. Mi siedo alla mia scrivania, solita routine di ogni volta che decido di navigare un po'; accendo il computer, collego il mouse, inserisco l'aggeggio per navigare e collego l'alimentatore. Il sistema operativo parte ed io mi accendo una sigaretta. Finisco le operazioni di accesso, faccio partire l'applicazione che mi consente di entrare nel mondo di internet e subito dopo attivo la connessione. Sbuffo, cominciano a stancarmi tutte queste tecnologie ma non riesco a farne a meno, che situazione. La connessione è attiva, inserisco l'indirizzo della pagina internet da cui voglio iniziare... controllo la posta elettronica: tre caselle diverse... cosa me ne faccio non lo so nemmeno io. L'omino verde in basso a destra chiede attenzione, un messaggio di posta non è... qualche utente che si collega come me a queste ore improponibili... è ormai mezzanotte passata.Dopo aver controllato la posta elettronica che contiene solo spazzature e truffe elettroniche decido di andare ad aggiornare alcune pagine internet che ho condiviso con il mondo... forse ho fatto solo una vetrina che nessuno guarda. Invece è passato qualcuno, il contatore si visite si è mosso: sono commosso ed un po' eccitato e vado a vedere di chi si tratta. Sorpresa due donne e un uomo, sempre che siano tali nella realtà. Un soprannome mi salta all'occhio Tutto.Sotto.Il.Velo, lo seleziono e l'applicazione mi sbalza sulle pagine di questa visitatrice virtuale. Guardo le solite cose del profilo città, età, descrizione, poi lo sguardo cade sul suo diario pubblico e ancor più curioso lo seleziono e comincio a leggere qua e là... ora me la ricordo, l'avevo già visitato questo diario forse passando da una delle stanze di conversazione qualche sera prima.Odio ormai tanto le tecnologie che sto facendo come i francesi, ricondiziono tutte le parole straniere in italiano, una sera in compagnia di amici mi sono accorto che non parlavamo più la nostra lingua, ma uno strano gergo e dal quel momento ho deciso che non doveva più capitare.Con la mente torno a quel diario e una delle notazioni che è scritta mi colpisce particolarmente, la leggo con attenzione, è scritto molto bene un'articolo di giornale quasi. L'argomento è frivolo anzi direi banale ma com'è stato scritto lo trovo davvero favoloso. Decido di commentare quella nota e lascio i miei complimenti.Ho sonno vorrei andare  a letto ma questo marchingegno elettronico come sempre mi strega: lo guardo e mi perdo nei miei pensieri, il computer si allontana, p forse è il mio punto di vista che si allontana... si è così ora vedo anche me stesso  davanti al mio computer che illumina il mio volto. Sono solo con me non c'è nessuno, solo un computer  collegato al mondo  che non so  più definire reale o immaginario: parlo con delle persone di città distanti della mia , si ride, si scherza, si gioca, si divaga ecc. ma questo lo facevo anche prima quando mi ritrovavo in piazza  con gli amici... gli occhi sono pesanti, mi sento stanco: BUIO!
La sveglia suona sono le otto del mattino, inizia un'altra giornata, mi sollevo sul letto... mi sento stranamente pesto, come non avessi dormito per niente... non mi ricordo a che ora sono  andato a letto. Apro gli occhi, non sono a letto, non sono le otto, sono ancora davanti al computer e non era la sveglia era il trillo di richiamo dell'omino verde... qualcuno vuole parlare con me, non capisco, cerco di riprendermi , leggo il messaggio: "cià ti va di giocare in cam per me ho voglia di godere..." Cosa? Subito non capisco poi realizzo... chi mi scrive sa che il mio computer è dotato di videocamera, rileggo il messaggio... la sveglia brutale mi ha indispettito e rispondo. "potrei anche farlo ma se davvero hai voglia vieni a casa mia... dal vero è molto meglio che nascosti dietro un pc..." non aspetto neanche la risposta , chiudo la messaggeria istantanea e me ne vado in bagno per poi andarmene a letto.. un letto che non c'è più: com'è possibile? C'era, ce sempre stato il mio letto, cosa sta succedendo... sono disorientato mi volto e la scrivania ed il computer ci sono, mi rivolto in direzione del letto assente, ed eccolo lì; mi gratto la testa e alzo lo sguardo e vedo il soffitto trasparente... mah!??  Suona la sveglia, sono le otto del mattino ed è ora di alzarsi per andare al lavoro. Apro gli occhi sono in camera mia sento uno strano profumo ed un braccio indolenzito, mi giro e una giovane ragazza nuda è nel mio letto... ma ieri notte non c'era, non doveva esserci nessuno qui! Suona la sveglia, sono le otto del mattino, mi sveglio di soprassalto, ho una paura tremenda, non so più chi sono e dove sono, sono sudato e teso... Cerco di darmi una calmata e faccio il punto della situazione: sono in camera mia, il letto c'è, nessuna giovane  ragazza nel letto con me... il computer è ancora acceso. Mi guardo attorno, le pareti sono trasparenti, ieri non lo erano, con lo sguardo al computer c'è una scritta: "benvenuto su THIRDLIFE  , ora sei un nuovo cittadino dell'era virtuale!!" Urlo! Urlo con tutto il fiato che ho in corpo e chiudo gli occhi... sento una mano che mi tocca, smetto di urlare, riapro gli occhi, un infermiera mi sorride e mi dice :"calma... calma era solo un brutto sogno ora è tutto a posto". Sono sempre più confuso mi guardo smarrito e preoccupato intorno: sono in ospedale: "Cosa mi è successo?" chiedo. L'infermiera mi dice sono sette giorni che ero in coma dopo essere caduto dalle scale sul lavoro e che mi sono appena risvegliato! Non ci posso credere stavo continuando a vivere la mia vita dal come dalla sera prima dell'incidente... non mi sembra possibile, ma tant'è che ora sono davvero sveglio e sono in ospedale. Mi rilasso e mi guardo intorno sino a che non mi assopisco... Mi risveglio e sono di nuovo davanti al computer. Guardo l'orologio è l'una di notte, guardo il monitor, nessun messaggio istantaneo, nessun soffitto trasparente, il letto è al suo posto, le pareti sono normali, sul monitor del pc un racconto di un diario intolato "il sogno che non finiva mai", scritto da me... Spengo tutto e sistemo ogni cosa perfettamente al suo posto nella borsa del computer. Chiudo le cerniere, prendo la borsa e mi dirigo verso la portafinestra, la apro ed esco sul balcone... Uno, due eee tre e scaravento il tutto fuori dal balcone facendo cadere la borsa in strada... Mi volto e torno in casa, mi spoglio, punto la sveglia alle sette e mezza del mattino e mi metto a letto.
La sveglia suona, la prendo e la guardo... Sono le otto del mattino, sto ancora sognando o vivendo la vita reale, non lo so, non mi pongo lo scrupolo più di tanto, mi rigiro nel letto e mi riaddormento... prima o poi le sette e mezza arriveranno.

Quando l'ho riletto sul quaderno, le emozioni mi hanno assalito, ritornando a quel periodo in cui vivevo queste vite virtuali schiavo di consuetudini ed ottenebrato da chissà quali chimere... non potevo non pubblicarlo.
(scritto una notte di novembre del 2007)

giovedì, luglio 23, 2015

Parole Evocate - "Cronaca di Un Viaggio"

immagine prelevata da laReplubblica.it
Ecco per voi un altro post recuperato dalla memoria del quaderno trovato nel "cofanetto dei ricordi". In questo occasione vi trascrivo la cronaca di uno dei tanti viaggio che ho intrapreso per tornare da Roma a Torino. Forse uno dei più rocamboleschi visto il modo in cui si è dipanato il percorso, ad ogni buon conto, la costante anche in questo viaggio è la presenza dei soliti pensieri che mi hanno sempre accompagnato in questi 10 anni.
Bigliettaio: «Prego mi dica...»
Io: «Buon giorno vorrei un biglietto per Torino Porta Nuova»

Bigliettaio: «vediamo, per quando?»

Io: «a partire da questa sera, se è possibile»

Bigliettaio: « bene, il primo disponibile è alle...»

Io: «c'è posto su quello delle 23.10... l'intercity notte?»

Bigliettaio: «No! Guardi... purtroppo è già tutto pieno»

Io: «come... tutto prenotato, già da questo pomeriggio?»

Bigliettaio: «ehh sì. In questo periodo di festività... ci sarebbe...»

Io: «si? Mi dica...»

Bigliettaio: «l'espresso delle 22.30, ma... è a suo rischio e pericolo, non c'è da prenotare ma rischia di trovare tutto pieno pure il portabagagli ed i corridoi...»

Eccomi di nuovo in stazione! Come d'abitudine non mi organizzo mai ed ora che voglio partire non trovo il treno che vorrei; mi devo di nuovo inventare qualcosa. Sono le 14.15 del pomeriggio di venerdì. Saluto cordialmente il bigliettaio e mi allontano dalla biglietteria. 
Prendo il telefono e chiamo: «Pronto... Ciao Giancarlo, sei già partito per Bologna? »Giancarlo: «Ciao Ugo, no penso che partirò tra un'oretta, hai bisogno di qualcosa? Quando parti con il treno tu? »Io: «Ecco appunto, il treno è tutto pieno e stavo pensando...»Giancarlo: «Dimmi...»Io: «Se non è troppo disturbo, mi chiedevo se potevi darmi un passaggio sino a Bologna»Giancarlo: «Ma certo che problemi ti fai, mi fa piacere, anzi così mi fai compagnia per il viaggio se non addirittura mi sostituisci alla guida»Io: «Come vuoi Giancarlo, per è già tanto il passaggio, ci vediamo al solito bar tra un'ora?»Giancarlo: «Certamente, a dopo allora».
Bene anche questa volta un'alternativa me la sono inventata, sapendo che il mio capoufficio tornava a Bologna sono riuscito a farmi dare un passaggio, così non pago neppure non mi "scasso" sul treno per più di 8 ore! Così dopo poco più di un ora mi faccio trovare al bar vicino all'ufficio e carico le valige sull'auto di Giancarlo e si parte. Unico piccolo problema è che in qualche modo dovrò reggere alla fiumana di parole di lamentela sui problemi di lavoro e delle relazioni di ufficio... Ed infatti a neanche due ore dalla partenza, appena usciti dal raccordo anulare di Roma, già sull'autostrada A1 in direzione di Bologna, sono già pentito della scelta fatta: Giancarlo ha attaccato un pistone che non finisce più, roba da far perdere la pazienza ad un morto; spero solo che si arrivi a Bologna per le 20.00 altrimenti le alternative per arrivare a Torino mi si abbassano parecchio.Dopo poco più di una ventina di km sull'autostrada Giancarlo si ferma ad una stazione per fare il pieno e per fortuna mia, preso dalla stanchezza mi chiede di sostituirlo alla guida. Meno male in questo modo posso concentrarmi sulla guida e tenere meglio i tempi di viaggio e lasciare che Giancarlo si assopisca quel tanto da smettere di ciarlare. Purtroppo però le informazioni sul traffico non sono confortanti al punto che mi rassegno ed evito di guidare troppo forte e mi metto ad una velocità di crociera, guida meno impegnativa e più rilassante; anche Giancarlo dopo una pausa si riprende ma fortunatamente cambia argomento di intrattenimento e passa a parlare delle sua tanto amata vela e della figlia adolescente o poco più grande, non ricordo. Come da aspettative il traffico si è intensificato obbligando così l'arrivo alla stazione di Bologna alle 20.35, quindi con una mezz'ora di ritardo rispetto alle mie aspettative. Saluto Giancarlo che riparte finalmente per lui verso casa mentre io mi addentro alla stazione. Questa volta evito la biglietteria e mi dirigo alle self-service e mi metto alla ricerca del primo treno per Torino, ma ormai è tardi: sono già tutti passati. Allora decido di allungare il tragitto e cerco un treno per Milano. Il primo treno che trovo è delle 20.50 ed arriva a Milano Centrale alle 23.30, nemmeno è un intercity; me lo faccio andar bene sperando che non arrivi troppo tardi per prendere uno degli ultimi treni regionali per Torino alle 23.50. Il tempo è poco e mi decido per questa soluzione, pago e stampo il biglietto e mi dirigo quasi di corsa al binario, mancano soltanto 10 minuti ciò nonostante mi accendo una sigaretta visto che è dalla 15.00 che non ne tocco una. Mi guardo intorno: ci sono altre persone che aspettano, persone che stanno cambiando binario per proseguire il loro viaggio o che semplicemente si dirigono al bar o verso i bagni. Sono donne, uomini, ragazzi, famiglie intere che si ritrovano in una stazione, un luogo che accentra in se diverse vite, lingue ma anche sogni e speranze a volte simili a volte completamente diversi. Ed io? Io sono un 32enne lavoratore lontano da casa, infatti sono già 8 mesi che faccio su e giù tra Torino e Roma; ad ogni viaggio ho nuove aspettative per riuscire a trovare un nuovo equilibrio dopo aver perso quello precario precedente... sono sempre più combattuto sul da farsi. Sta arrivando il treno e mi porto a ridosso della "fantomatica" linea gialla" camminando in direzione della testa del treno per avere meno tempo da perdere nel cambio del treno. Salgo sulla carrozza che mi si ferma davanti e fortunatamente trovo un posto dove buttarmi a sedere. Quando parte il treno partono anche i  miei pensieri, ormai sempre più confusi e conflittuali tra trovare una sistemazione stabile e possibilmente duratura a Roma piuttosto che restare in una situazione di precariato domiciliare con l'intenzione di trovar modo di tornare a casa? Quindi confidare nella fibra caratteriale di mia madre e tenare di costruirmi una vita nella città millenaria o farmi carico della quelle responsabilità non totalmente mie? Non mi sembra neanche vero, per tutto il tempo passato all'università non ho fatto che desiderare di abbandonare la mia città, Torino, per fare fortuna altrove, ed ora invece che ne avrei la possibilità non ho più questa aspettativa.Il paesaggio fuori dal finestrino scorre, si vedono le luci in lontananza scivolare via veloci, le sagome delle case e dei fabbricati si fondono con il resto che li circonda creando disegni confusi ma omogenei nella luce della sera che cala rapidamente nonostante il sole calante si intraveda a tratti sospirando gli ultimi raggi rossastri dietro le colline. Io ogni tanto mi distraggo dai miei pensieri al passaggio di qualche altro viaggiatore sul treno o per cercare di leggere le insegne delle stazioni che attraversiamo. Ora ad esempio siamo a Piacenza e dal finestrino mi gusto la vista di una bella ragazza bruna, ne sono quasi ipnotizzato, trovo i suoi occhi scuri estremamente rilassanti e confortevoli; ora lei sorride a qualcuno, non io, ma colui che stava attendendo e finalmente la sta raggiungendo. Il treno riparte, tra un'oretta saremo a Milano, ma casa è ancora lontana. Comincio a sentirmi stanco, non tanto per il viaggio ma per i quei pensieri che ancora mi assillano. La stanchezza mi assale e gli occhi mi si chiudono, ed anche i sogni prendono, per fortuna, il posto dei pensieri grevi che mi tormentavano. L'ora che resta di viaggio scivola via tra sogni di campo di basket e partite vibranti, divertenti... La motrice rallenta ed i freni fischiano. Finalmente siamo a Milano, mi do una mossa e mi preparo perché ho solo 15 minuti per fare l'ultimo biglietto e ripartire. Maledizione! La prima self-service non prende i contanti... Neanche la seconda! Mi guardo intorno e non sono il solo con questo problema: ecco siamo alle solite, dopo le 22 niente contanti solo carte. Ne trovo una al volo e faccio il biglietto e via al binario a prendere il treno che parte tra sette minuti. Con un po' di affanno ma salgo sul treno e stancamente, dopo 8 ore di viaggio, di nuovo mi porto in testa al treno o quasi finché non trovo un posto a sedere. Ne trovo uno e mi ci accascio sfinito e mi lascio andare di nuovo alle braccia di Morfeo. Due ore di viaggio con il vuoto nella testa, niente pensieri e niente sogni di basket, solo il dondolio del treno che mi culla. La motrice di nuovo rallenta e di nuovo i freni fischiano rumorosamente avvisandomi che sono arrivato a Torino. Sono le 02.55 treni od autobus per casa non c'è ne più... unica alternativa un taxi.Esco dalla stazione, salgo sul primo disponibile ed in 20 minuti sono a casa con una spesa di 40 euro, così dopo 11 ore di viaggio complessivi tra auto, treni regionali e taxi sono finalmente a casa!

(scritto su un treno a dicembre 2005)

giovedì, luglio 09, 2015

Parole Evocate - "I Viaggianti"

Immagine prelevata da
http://archiviodelverbanocusioossola.com/tag/pella
Questo è il secondo post che edito qui su internet ripresentando le parole scritte a mano una vita fa e mi rendo conto che a distanza di tempo scrivo di cose diverse, le scrivo in modo diverso; negli anni addietro ancora mi appassionavo per viaggi che facevo perché avevo modo di toccare con mano l'umanità con la quale potevo anche interagire. Oggi come oggi, invece, quanto posso scrivere sui viaggi e sulle persone che viaggiano con me è dettato invece dal rammarico di aver perso quei "viaggianti" di un tempo con cui avevo un senso di appartenenza a volte anche solidale, anche se limitatamente al tempo che si trascorreva insieme. Dal quaderno ritrovato nel "cofanetto dei ricordi" vi voglio dunque riproporre le parole scritte oltre dieci anni fa sul tema dei viaggi, e come per "mamante" oltre che per condividere i miei pensieri e le mie emozioni, le trascrivo qui per evitare che la carta ingiallisca e l'inchiostro sbiadisca,  quindi siate clementi nel giudicare la forma e la scelta delle parole di una vita precedente.

Nonostante le ultime disgrazie, ancora molta gente usa il treno per spostarsi. Sono vite in cammino che si incrociano nei corridoi, negli scompartimenti, sulle banchine per accedere le alle carrozze.

Una vita parallela nasce, cresce e muore in ogni viaggio, si vede il meglio ed il peggio della vita e la multi etnia ormai è arrivata.
Lavoratori indefessi, prostitute, immigrati famiglie, studenti, raccolti in poche carrozze, che si guardano, si parlano e si ascoltano senza barriere, lì sul treno è un altro mondo è una piccola enorme società che si fonde si unisce in un unica anima migratrice che viaggia verso un mondo migliore; un affare importante, un amore, un lutto, una vacanza e comunque per lo più ti consente di essere te stesso senza timore di essere giudicato per la vita, stai lì a viaggiare con altri che probabilmente non rivederai più ma che resteranno con te in parte come tu rimarrai in loro.
Molti non partecipano a questo mondo itinerante ma inconsapevoli ne fanno parte e contribuiscono a alimentare un'anima viaggiante fatta di tante anime con le loro storie, le loro passioni ed emozioni.
Questi pochi che ne faranno tesoro probabilmente vederanno il "mondo fermo" con altri occhi ed un altro spirito, tutti gli altri scenderanno e torneranno alla loro vita di sempre inconsapevoli di aver lasciato qualcosa. 
(scritto su un treno 12/03/2005)

Seppure oggi siano cambiati in melgio i treni e si siano trasformate le stazioni, i "viagginati" ci sono ancora e sono forse anche più di prima, sfruttando nuovi e maggiori collegamenti e tempi di percorrenza più brevi. Una cosa però è cambiata: la fretta e l'introversione sono talmente aumentate che non c'è più quel contatto umano come quello di un tempo, vuoi anche perché il layout dei mezzi è diverso e meno concilia la condivisione e l'intimità che nel secolo precedente invece si potevano trovare negli scomparti delle carrozze dei treni. La multimedialità di cui oggi si dispone isola più di dieci anni fa rendendo i "viaggianti" soli ed isolati.

mercoledì, luglio 08, 2015

Parole Evocate - "mamante"

L'Amante di Marco Amore - fonte www.ioarte.org
Qualche tempo fa, facendo un po' di pulizia nei vari miei "cofanetti dei ricordi" mi sono imbattuto in una quaderno: al suo interno ho trovato con mia sorpresa anche una busta, vuota ma sulla quale avevo scritto alcuni miei pensieri. Non ricordo bene quando ho scritto queste parole, ed è strano per me non poter individuare un periodo perché solitamente, oltre a firmare ogni pezzo di carta su cui scarabocchio un disegno o delle parole, metto sempre una data data, fosse anche solo l'anno. L'unico indizio è la busta che riporta una intestazione di una azienda per la quale ho lavorato tempo addietro e dal modo di scrivere e dal contenuto e dalla firma, non posso che pensare ad un unico periodo che va tra il 2007 ed il 2010.
Dunque per non lasciare che la carta sbiadisca ulteriormente e che quelle parole vadano perse, ve le ripropongo qui nella loro versione originale:

Fin dal primo mattino non aspetto che te, penso come potresti essere, d'umore, come sarai vestita e come ti sarai acconciata i capelli. Non sei mai banale qualunque sia il modo in cui ti presenti. Ognuno che ti conosce non può fare a meno di te, che tu voglia o no. La tua voce, il tuo sorriso e tutto il tuo corpo sono una fonte inesauribile dalla quale voglio dissetarmi. Difficilmente ti neghi, ma al contempo sei più generosa con chi ti aggrada.Illumini la giornata di tutti accogliendoli come una mamma premurosa e gentile ma il tuo essere donna va oltre a questo, il tuo sguardo caldo e suadente incorniciato dal sorriso che splendente e radioso ammalia chiunque, come il tuo corpo leggero e flessuoso accende la passione di chi ti può osservare e godere della tua solarità.Tu sei la "mamante" che chiunque vorrebbe: accogliente e gentile come una mamma, eccitante ed invogliante come un'amante. Tu non lo sai ma ti amano tutti perché racchiudi l'amore e la passione in un'unica anima. Pochi leggono il tuo corpo ed il tuo sguardo ed ancor meno ascoltano fino in fondo la tua voce, lasciandosi solo irretire dal tuo splendore.Non sei la perfezione ma sei la sua migliore espressione, con i tuoi piccoli difetti ti rendi umana e raggiungibile, vera ed unica. Ti cerco dal primo istante che posso, da quando sei entrata nella mia anima e ti ho vista per la prima volta... anzi no, dalla prima volta che ti ho sentita parlare, quando ancora eri lontana.Una fonte, una fonte dell'immortalità, ogni istante con te non è banale, non scontato (almeno per me). Sei entrata nel mio cuore e nella mia anima e come un seme nella terra sei cresciuta più di quel che mi aspettavo, portandomi al conflitto di ogni uomo: mamma o amante? Ma con te non si può scegliere sei la la "mamante" calda e rassicurante come una casa, invitante ed appetitosa come un frutto di stagione, di ogni stagione!Piango ora all'idea di non poterti più vedere, di non poterti ascoltare di persona, di dissetarmi nella tua anima.Mi consola solo che esisti e che sei entrata in me e che anche altre anime meritevoli potranno gioire come ho potuto avere l'onore io!Sono grato al destino di avermi condotto sino a te.

La forma di certo non è stata della migliori: è certamente una delle mie espressioni "analogiche", parole scritte di pancia mentre ero in uno dei tanti viaggi tra Roma e Torino, quasi sicuramente dettate da un ricordo di un passato precedente con il quale ancora non avevo tirato le somme. Se volete la potete considerare come una lettera di accomiato da una amante.

domenica, giugno 21, 2015

Raduno di Famiglia

selfie family
E' sempre stata una tradizione nella quale tutti noi della famiglia abbiamo sempre creduto e sempre ci è piaciuta.
Per lo più è stata portata avanti dai "grandi" e da che ho memoria i primi che mi vengono in mente sono i nonni paterni. considerato che la casa in cui vivevano, la stessa in cui stavo io, era la più adatta un paio di volte l'anno la famiglia si ritrovava tutta insieme senza un motivo ben preciso, se non quello di stare tutti insieme, nonni, padri, madri, figli, zii, nipoti, cugini ecc. Il vecchio cascinale di oltre 2 secoli di vita era perfetto per accogliere tutti, con il suo grande cortile e le due tettorie ampie ed accoglienti anche quando poteva piovere. Capitava così che quel sabato o quella domenica, tutti un po' alla volta arrivavano, parcheggiavano e mollavano giù chi salami, pane e chi formaggi, carne o torte, la frutta e la verdura non mancavano grazie al grande orto di fronte al cascinale ed ed ai peschi ed i ciliegi che erano di fronte a casa. L'acqua abbondava grazie al vecchio pozzo da cui tirava sul il vecchio motore elettrico. Insomma bastava tirare giù un po' di cavalletti da lavoro, delle assi, metterci su delle tovaglie alla meno peggio, imbandire con tutto quello che c'era e la festa era assicurata. Ma come tutte le cose, nel momento i cui i promotori più convinti non ci sono più le cose si smettono di farle, così venuti a mancare i nonni, però, questa tradizione e scivolata progressivamente e velocemente nell'oblio sino ad interrompersi del tutto.

Non credo ci sia un motivo particolare del perché nessuno abbia portato avanti l'eredità di questa tradizione, un po' nessuno e stai mai coinvolto, diciamo a comprenderne il senso e tanto meno istruito per come farlo, poi i figli crescevano ed i tempi cambiavano, tempi nei quali ognuno era sempre più impegnato in mille faccende ed i giovani perdevano lentamente le tradizioni e l'attaccamento ai ritrovi, non istituzionali, di famiglia, trascinate dalle tempistiche della scuola e delle attività extra; a questo si aggiunga che non tutti erano geograficamente a portata di mano, molto trasferiti in altre città o in altre regioni: tant'è che per qualche decennio non s'è fatto più nulla se non in modo sporadico e sottodimensionato nelle presenze, per motivi occasionali e non organizzati appositamente. Solo in questi ultimi anni in cui, ho scoperto, la cugina Rosy ha cercato di reintrodurre tale tradizione, impegnandosi e prodigandosi a radunare almeno tutti i 13 cugini con relativi parenti annessi.

Ebbene dal mio rientro nel 2013 su Torino, quest'anno ho colto la mia prima occasione per poter presenziare a questa allegra e rumorosa adunanza di famiglia. Il verdetto è positivo, ho visto sempre le stesse persone, solo in qualità di zingaro da 10 anni in giro per il Paese ho perso contatto un po' con tutti, ma nulla vieta che possa recuperare tempi e modi per relazionarmi nuovamente con la famiglia. Insomma le tradizioni non vanno dimenticate ma soprattutto vanno tramandate per far sì di lasciare un'eredità di solide solida a chi verrà dopo. Il consuntivo della giornata è stato dunque più che soddisfacente avendo, mangiato, bevuto, assistito ad acrobazie motoristiche dei cugini sui fuori strada o sui kart da sterrato, grazie alla simpatica competizione dei selfye ho vinto il ciondolo degli Svalvolati e con il terminare della giornata anche queste importanti parole:


Trova il Tempo

Trova il tempo di riflettere,
è la fonte della forza.

torva il tempo di giocare,
è il segreto della giovinezza.

Trova il tempo di leggere,
è la base del sapere.

Trova il tempo d'essere gentile,
è la strada della felicità.

Trova il tempo di sognare,
è il sentiero che porta alle stelle.

Torva il tempo di amare,
è la vera gioia di vivere.

Torva il tempo d'essere contento,
è la musica dell'anima.


(antica ballata irlandese)

martedì, giugno 09, 2015

Consapevolezza... Questa Sconosciuta

dipinto di Luana - surfer di internet
Oggi è stata una di quelle giornate in cui l'insieme degli eventi che si sono susseguiti ha dato come risultato un ulteriore passo verso la consapevolezza che, credo, ognuno di noi cerca di raggiungere e migliorare nella propria vita.
L'insieme delle esperienze forgiano i caratteri, affinano lo spirito di presenza e costituiscono gli elementi che contribuiscono a definire una persona; non è necessario che tutte le esperienze siano positive, anzi, come spesso si dice si dovrebbe imparare dai propri errori. Ma oggi ho scoperto che non è solo la sommatoria delle esperienze che si possono fare nella vita, non è l'insieme delle azioni che si possono intraprendere, come non si tratta solamente di imparare dagli errori che si compiono, tanto meno è credere in una religione o abbracciare una filosofia di vita che costituiscono la consapevolezza: la consapevolezza è l'accettazione di tutto quello che ho elencato e di tutto il resto che ancora non conosco o non ho vissuto.
La conclusione e il risultato della mia giornata di oggi è solo, penso, il termine di un periodo che è stato in incubazione per qualche mese in cui il concatenamento di eventi, le riflessioni che hanno portato alla conseguenti scelte, oggi sono arrivate al giusto traguardo. Difficile descrivere con le parole quello che è il concetto che vorrei esprimere, proverò quindi a mettere di seguito le parole che meglio possono descrivere lo stato d'animo che oggi mi ha pervaso per tutto il pomeriggio.
Dopo aver ricevuto l'ennesima e-mail indagatrice su una situazione lavorativa, la mia prima reazione è stata quella di una risata isterica, derivante dal fatto che ero certo che sarebbe arrivato questo ulteriore nodo al pettine, che l'ennesimo cadavere sarebbe passato sul fiume mentre io ero seduto sulla riva ad aspettarlo. Ma dopo il primo momento di ilare isteria, mi sono reso conto che stava salendo la rabbia, ma non quella solita veemente e viscerale, bensì stava montando la rabbia da sconforto, da delusione e rammarico; riconoscevo in quella e-mail l'ennesima sconfitta, la consueta disfatta di quello che era stato vano il mio tentativo di essere pro-attivo nel mio lavoro. Col passare delle ore però questa desolante rabbia è scivolata via lasciando posto ad una nuova consapevolezza, lentamente ho ripreso lucidità di pensiero che mi ha permesso di realizzare il fatto che la prima risposta che avrei voluto dare era "ve l'avevo detto!" ma che in realtà non mi interessava, il secondo pensiero logico per una risposta sarebbe stata "bene io avevo ragione e voi torto, quindi non è un problema mio" ma anche questa risposta non mi interessa darla.

Il nuovo grado di consapevolezza raggiunto oggi in sostanza è quello stato di misticismo verso la realtà: il fatto di sapere che il mio operato è stato consono ed adeguato, l'accettazione che come spesso accade non sono stato adeguatamente ascoltato o preso in considerazione non è imputabile ad una mia deficienza nella comunicazione o chiarezza di espressione, ma nella più probabile ottusità degli uditori. Ed ora accetto il fatto che pur essendo competente e adeguato al ruolo che ricopro potrebbe non esserci corrispondenza nelle controparti con cui mi devo, e dovrò, confrontare ogni giorno.

Non saranno sufficienti la persuasione, l'assertività o le imposizioni, l'unica certezza sarà il mio modo di pormi ogni volta verso gli eventi giornalieri, che sia lavorativa o che sia nella sfera della vita privata. Non ho più necessità di sentirmi compreso né tanto meno sento il bisogno di far comprendere il "mio mondo". Ovviamente con tutto questo non voglio certo lasciar intendere che mi senta realizzato e completo nella mia consapevolezza, anzi, ho accettato molto presto il fatto che lo scorrere del tempo ha sempre qualcosa in più da dare per migliorare la propria consapevolezza, quindi aspetto paziente il prossimo gradino da affrontare ma con una tranquillità in più a partire da oggi.

giovedì, marzo 26, 2015

Giornate del FAI di Primavera

Auditorium RAI Arturo Toscanini e Museo della Radio e TV
Anche quest'anno mi sono concesso alle giornate del FAI di primavera che si sono svolte sabato e domenica scorsi. Tra le diverse aperture di Torino, con gli amici, ci siamo concentrati sui due siti aperti al pubblico della RAI: l'Auditorium RAI Arturo Toscanini ed il Museo della radio e della televisione RAI. Fortunatamente in ambedue le strutture le code non sono state così estenuanti e quindi in mezza giornata siamo riusciti a visitarle. L'immagine a mosaico qui a fianco, che ho realizzato con immagini prelevate dal web, raffigura sia l'Auditorium che il Museo, sia nella parte esterna che negli allestimenti interni.
Il pomeriggio è dunque iniziato dall'Auditorium nel quale non ero ancora mai entrato e questa occasione è stata preziosa; infatti non dovendo cimentarmi con qualche evento e grazie alla guida della delegazione Fai di Torino, ho potuto godere dell'architettura e dell'ambiente che nel tempo ha dato forma alla sua fisionomia attuale. Una struttura edificata già nel 1856 per iniziativa stata, ed era adibita a Regio Ippodromo intitolato a Vittorio Emanuele II, nel corso dei decenni successivi subì diverse trasformazioni, soprattutto all'interno, per rispondere sempre meglio alle esigenze socio culturali, per arrivare sino al suo restauro del 2005 che venne poi inaugurato il 19 gennaio 2006, mentre nell'anno successivo con la ricorrenza del suo cinquantesimo anno dalla sua scomparsa l'Auditorium viene intitolato ad Arturo Toscanini in cui si esibì come giovane violoncellista nell'Orchestra  dei Concerti che si creò in occasione dell'Esposizione Generale Italiana del 1884. Il fascino di questo edificio è inspiegabile, tempio della musica, architettonicamente più volte rivisto ma che sempre ha conservato l'attenzione per la qualità acustica per far godere al meglio dei concerti che doveva ospitare. Un ambiente ricco, elegante, sobrio, proprio come la musica che ospita. La sala rispetto ad altre che ho potuto vedere è si raccolta, ma accogliente e confortevole, con spazi e distanti che non disturbano in alcuno modo. Sinceramente non mi sarei mai immaginato di trovare un'atmosfera ed uno scenario tanto affascinanti.
A seguire quindi di questa prima visita, ci siamo accodati per entrare nel Museo della radio e della televisione, giusto l'isolato dietro l'Auditorium. Dopo una mezz'ora di attesa finalmente accediamo all'interno ed iniziamo così il nostro viaggio nel tempo che il museo ci offre. L'esposizione di 235 oggetti permette di viaggiare durante l'evoluzione delle varie aree della comunicazione: telegrafia, telefonia, radio, televisione, registrazione; di tutto questo si inizia con il XIX secolo per arrivare siano agli albori della rivoluzione digitale. Il museo permette anche alcune interazioni per comprendere meglio i sistemi di comunicazione di alcuni periodi e farsi così un'idea di come oggi si sia arrivati alla comunicazione di massa con i nuovi strumenti. Il museo nasce come idea già nel 1939, ma solo nel 1984, in occasione della mostra "La Radio, sessant'anni: 1924-1984", prende corpo in un'area tutta sua in cui documenti ed oggetti sono esposti. Al contrario dell'Auditorium, qui non sono stato tanto affascinato dalla tecnologia, che in qualche modo ho potuto studiare a scuola, ma sono assalito da un senso di nostalgia; il pensiero che due secoli prima la comunicazione non era così scontata e che la componente umana era ancora molto rilevante, sia come aspetto sociale ma anche come "intervento" sulla comunicazione: le persone usavano gli strumenti per comunicare, non erano lo strumento della comunicazione come accade oggi, quindi sono uscito dal museo con un non so ché di incompletezza e insoddisfazione, tuttavia in conclusione la giornata del FAI, come le sue precedenti edizione, è stata intensa e interessante.

mercoledì, marzo 04, 2015

Un Pomeriggio in Archivio

Non manca mai nel giro delle proprie conoscenze qualcuno che faccia un lavoro interessante, o affascinante, o che lavori in qualche sede particolare: ebbene tra le mie ultime conoscenze di questi anni c'è Silvy che risponde ad almeno un paio dei requisiti sopra esposti ovvero fa un lavoro interessante e lo fa in uno degli edifici con il contenuto, più affascinante almeno per me: l'Archivio Storico della Città di Torino. Non vi annoierò facendovi l'elenco dei metri quadri di archivio, delle centinaia di miglia di documenti che raccoglie, vi basterà cliccare sul link precedente o andare alla omonima pagina facebook.
In questa sede volevo solo condividere con voi, quelle poche ore che ho trascorso all'interno dell'Archivio qualche mese fa, accompagnato per l'appunto dalla mia amica, che ha saputo anche trasmettere il proprio orgoglio ed entusiasmo per questa istituzione. 
Già il fatto di scoprire che è un archivio accessibile e che molti dei documenti sono consultabili, ha dato uno schiaffo bello sonoro alla mia ignoranza, già perché ero convinto che non fosse aperto al pubblico, inoltre visto quanto mi raccontava la mia amica, l'esitenza di questo archivio conferma di fatto che i documenti, di qualsiasi genere, non devono andare persi né dimenticati; è quindi grazie al lavoro degli archivisti e degli appassionati (con le loro collezioni) che può esistere un posto della memoria come questo. In quel breve lasso di tempo che ho trascorso in quegli ambienti, devo confessare che ero elettrizzato ed eccitato al solo pensiero della presenza di documenti, libri, codici e qualsiasi altro mezzo di mantenimento delle parole e delle immagini conservati da anni, per non dire secoli e che erano lì all'interno. Il piccolo tour personale mi ha permesso di farmi un'idea ben definita del fatto che la storia non solo insegna ma è il mezzo per la memoria di mettere a disposizione il passato, il presente ed il futuro di una città, di una società e di una cultura intera.
Così mi sono goduto parte dell'esposizione della collezione Simeom, la farmacia omeopatica, ma non ho potuto invece mettere piede nel gabinetto di legatoria e restauro che mi avrebbero certamente entusiasmato oltre che riacceso un po' di malinconica, vista la mia passione per l'editoria, riportandomi al periodo del mio percorso scolastico e soprattutto della stage alla legatoria comunale di Torino che era sita  tra via Milano e via Garibaldi. L'atmosfera di ogni ambiente era immobile, silente come fossero senza tempo a riprova del fatto che là i documenti storici più o meno recenti, fissano e determinano eventi, edifici, culture, usi e costumi di ogni tempo non considerando lo scorrere dei secondi, dei giorni, degli anni...
Per quanto possa sembrare banale, e per me non lo è stato, questa visita occasionale per il momento unica è stata ricca di fascino e interesse, specie perché condivisa con la passione della mia amica per il suo lavoro; esperienza che potrebbe dunque ripetersi, magari per qualche ricerca futura sulla mia città o qualche zona limitrofa.
Consiglio vivamente a chi è interessato alla storia della città di Torino di passare anche fosse solo per trovare le migliori pubblicazioni al book shop che c'è all'interno e farsi trasportare nella storia della Città.

domenica, febbraio 08, 2015

Prae Mortis Vacuitate, et ad Oblivionem

A leggere i miei ultimi post è evidente che non è un buon periodo; molte sono le cose che non vanno o, quanto meno, che io non percepisco e non vivo positivamente. Non mi sto giustificando, questo blog è lo specchio e limbo dei miei pensieri in cui rifletto ed abbandono la mia razionalità e la mia emotività. In queste ultime settimane vado ripetendo che siamo solo persone e non robot, quindi soggetti a variazioni di stati d'umore e discontinuità nelle nostre azioni, quindi non mi vergogno di ammettere che, con non poca fatica celo il mio malumore, la mia tristezza ed il mio scoramento. Tutto questo non è dovuto purtroppo a cose di poco conto, quindi non sto prendendo superficialmente la mia vita e tutto quello che le gravita attorno anzi sto riflettendo su quella che è quasi la metà della mia esistenza e delimitando i nuovi perimetri in cui mi devo muovere.
Non di rado il mio pensiero torna a chi non c'è più (Ricorrenze - 4 anni, Sogno: Musica in Paradiso, Son 10... ma Lui ancora C'è!) ed ancor di più in queste ultime settimane, viste le tristi notizie che mi hanno raggiunto, rendendomi partecipe delle dipartita dei familiari di alcuni miei conoscenti. Anche nel mio menage familiare non tira buona aria, le notizie non sono confortanti, ma non disperiamo. Come non pensare quindi al "Prae Mortis Vacuitate, et ad Oblivionem (il vuoto della morte... e dell'oblio)". A soli 42 ancora non compiuti, troppe sono le presone che non sono più sul mio cammino: sì, per me sono troppe. Questa volta non ne farò l'elenco come su una stele commemorativa, ricordo i loro volti, i loro nomi, come le loro esistenze si intrecciavano più o meno profondamente nella mia e conosco il vuoto che è arrivato ed ha preso il posto della loro esistenza. Sembra facile non pensarci, trovare delle scuse per non dare importanza ai segni che hanno lasciato accompagnandomi nei diversi momenti della mia esistenza; ma per me non lo è mai stato. Ognuno di loro ha contribuito a rendermi quello che sono, le loro parole, il loro modo di considerarmi e di relazionarsi con me, ha fatto si che io crescessi con loro ed anche grazie a loro. Il vuoto che li ha sostituiti è inerte, inutile ed in certi momenti soffocante, anche troppo, sino al punto da togliermi ogni vitalità di pensiero e di azione. Sia chiaro non parlo di depressione o di un enorme sconforto, ma solo di un senso amplificato di solitudine e di senso di incapacità verso la vita; brevi istanti in cui si riflette sulla poco gratitudine che abbiamo verso la nostra esistenza per quanto possa sembrare misera o poco entusiasmante, ma è di gran lunga meglio così, che non essere sostituiti da un vuoto oblio dei ricordi. Mi mancano quelle persone, quegli amici con cui ogni giorno potevo mettermi alla prova e guadagnarmi il loro rispetto, il loro affetto e la loro amicizia, ma di loro è restato solo il vuoto con il rischio anche dell'oblio.
Forse sto invecchiando più di quanto credo e forse è meglio che mi abitui all'idea che d'ora in avanti saranno sempre più frequenti questi tristi notizie e che i vuoti potrebbero aumentare: ma come abituarsi? Conosco la morte, so che effetti da alle persone persone ed a me, ma non mi è ancora familiare l'abitudine a questo evento; ancora credo che ognuno di noi sia interminabile, anche se non vedo più la persona, non la sento e ne perdo i contatti, per me è sempre in buona saluta da qualche parte a condurre la propria esistenza, non riesco a pensare che possa non esserci più. Saranno settimane e mesi complessi e difficili i prossimi, ma non voglio assolutamente considerare i possibili vuoti che potrebbero assommarsi a quelli già presenti. Penserò ai nuovi vuoti solo quando sarà il caso. Per un mi crogiolo nei ricordi di coloro che ho conosciuto e che non ci sono più per non lasciarli all'oblio. La morte si sconfigge solo se non si dimentica.

lunedì, febbraio 02, 2015

Che Dire...? Scomunicato!!

scollegato? scomunicato? disconnesso?
Più passa il tempo e meno trovo tempo. Fu una scommessa oltre che una delle tante sperimentazioni sul web quella di approdare su un blog, scelta che mi coinvolse ben oltre le mie aspettative; però col passare degli anni ed il cambiare delle piattaforme, molto di quell'entusiasmo è andato perdendosi.
Sono combattuto nella mie sensazioni e nelle mie necessità: mi manca venire qui a scrivere quel che mi passa per la testa, ma il poco tempo che mi rimane delle mie giornate tipo il più delle volte non mi invoglia a scrivere. Ma a ben pensarci la cosa potrebbe essere anche più complessa che non solo la mancanza di tempo. Nei momenti più disparati mi vengono in mente titoli e contenuti per dei post, spesso simpatici ed accattivanti, ma quando poi arrivo a casa, mi trovo svuotato e senza energie comunicative, come se il semplice fatto di aver pensato al titolo ed al contenuto del post equivale ad averlo scritto, tanto da non aver più voglia di cimentarmi a digitare sulla tastiera; sembra quasi che mi stia facendo il mio blog personalissimo in testa e non mi serva più venire qui a trascrivere i pensieri in parole di senso più o meno compiuto. Ma non è tutto, come ho scritto ultimamente, mi manca la volontà di "scambiare" di condividere e mettere in vetrina i mie pensieri; il senso di delusione che mi accompagna ultimamente dalla manca di relazioni "fisiche" tra le persone mi trascina nello sconforto e nell'ottusa convinzione che gli strumenti "social" allontanano le persone anziché avvicinarle; se un tempo internet accorciava le distanza, avvicinava le culture ed i pensieri, oggi internet con tutti i suoi strumenti allontana, tiene le persone a quel giusto distacco per  imperdire di approfondire il rapporto, mantiene quella diplomatica distanza per non farsi "leggere" dentro, evitando così il rischio di rivelare la propria intima natura con i suoi pregi ed i suoi difetti.

Quasi 2 anni fa abbisognavo di un telefonino e controtendenza me ne sono procurato uno che non era quello che tutti oggi hanno per le mani. Un semplice telefono con una videocamera di bassa qualità, nessuna uscita/ingresso usb, niente infrarossi, niente di niente: un telefono portatile come quelli degli anni '90. Ebbene senza uno straccio di applicativo che viaggi su internet sono quasi completamente fuori da ogni comunicazione di massa. La scelta fu ponderata: non volevo diventare uno schiavo di uno strumento. Ed ecco che 2 anni dopo vedo la maggior parte della genete che ad ogni occasione è a capo chino su questi marchingegni infernali a watsappare, a facebookkare, a twitteggiare, passando instancambilmente da una applicazione all'altra; io d'altro canto sono invece a testa alta a guardare tutti gli altri che a testa bassa pare si stiano guardando tutti i piedi; camminano a testa bassa, parlano al telefono mentre a testa bassa smanettano su queste virtuali tastiere qwerty a digitare millemila caratteri che riempiono internet di chissà quale saggezza popolare. Non riesco quasi più a vedere il volto delle persone, specie quello delle ragazze: sigh!

Che tristezza.

In quelle rare occasioni in cui riesco a scambiare due parole, mi accorgo che mentre io potrei abbondantemente superare i 140 caratteri il resto del mondo è fermo a 139. Non trovo più stimoli di conversazione che siano ritmati, continuativi e interettivi al punto giusto... mi si sta atrofizzando il cervello. Quindi che dire...? Mi domando se ha ancora senso venire qui a scrivere più di 139 caratteri, quando già al 50mo tutti smettono di leggere? Mi rammarico di avere un blog di oltre 100 post all'anno nella mia testa e non riuscire quasi a scriverne 1 al mese come nell'anno appena trascorso.

Per ora, mi accontento di essere qui questa sera a "lamentarmi" del fatto che non più molto da dire: mi sento "scomunicato e disconesso".