domenica, settembre 06, 2015

La Torino Emigrata

Foto prelevata da https://espress451.wordpress.com
La mia città quasi natia, quale è Torino, ha subito grandi trasformazioni negli ultimi 10 anni. Questa decade per me è significativa perché è l'arco di tempo nel quale mi sono dovuto allontanare da questa città, oggi metropolitana, che ho visto trasformarsi più o meno lentamente nel corso degli anni. Ci sono stati eventi importanti anche internazionali che hanno dato i primi impulsi a questi cambiamenti, ma ce ne sono stati anche altri, più in ombra e per certi versi subdoli che hanno trasformato la città.
Le olimpiadi invernali del 2006, hanno smosso l'immobilità della cultura piemontese di questa città obbligandola ad aprirsi al mondo, ritrovandosi così a dover rifare il trucco per rendersi presentabile, accogliente, moderna ed accattivante. Tutto ciò quindi ha creato un lento movimento di ristrutturazione non solo dell'aspetto architettonico creando mille cantieri per rifare pavimentazioni e sistemare edifici, che oramai erano impresentabili, ma anche ad iniziare opere di grandi rilevanza quale è stata la metropolitana sotterranea che sino al 2004 sembrava impensabile se non addirittura irrealizzabile. Unitamente a questo in un momento di maggior sviluppo sui servizi e sul turismo è coinciso anche l'oscuro momento di declino economico,  sì perché di questo si è trattato, un declino che si è nascosto dietro l'incremento dei lavori di miglioramento della città per gli eventi internazionali più o meno grandi che hanno sostenuto una economia fantasma la cui scia positiva è praticamente terminata nel 2008 anno della ormai palesata crisi economica che ha piegato le ginocchia a Torino come a tutto il Paese. Da questo momento in poi, nonostante lo sforzo di mantenere vivo l'interesse turistico o religioso della città, ci sono state oscure e malcelate azioni di riorganizzazione economica che hanno portato grandi ed importanti  gruppi del polo torinese, di cui non farò il nome, ma che per farvi capire riguardano il comparto automobilistico, quello bancario e quello assicurativo (e tutto il loro indotto), a scegliere nuovi percorsi per consolidarsi e tenere il passo con la globalizzazione italiana prima poi europea ed infine mondiale. Così una grande città provinciale quale era Torino si è mano a mano trasformata in una città sì più moderna e metropolitana, ma a conti fatti risultando più una città fantasma, subendo di anno in anno un emigrazione della popolazione lavorativa e credo anche studentesca, non a caso infatti il Politecnico di Torino con la sorella Facoltà di Architettura non è più così ambita come un tempo.
Questa è la convinzione che ho raggiunto da migrante del lavoro quale sono stato nell'ultimo decennio e soprattutto negli ultimi tre in cui giornalmente "pendolavo" tra Torino e Milano, vivendo così in prima persona il crescente esodo dei lavoratori torinesi. In questo decennio, dunque, ogni qualvolta rientravo nella città sabauda la ritrovavo ogni volta sempre meno vitale, sempre più silente e sempre più stanca. Partendo da Roma e arrivando nella mia amata Torino, anno dopo anno l'ho ritrova si rinfrescata nel suo aspetto e per certi versi migliorata, ma priva di energie, di partecipazione, meno vissuta e coinvolta nel suo intimo quotidiano. Solo nei punti turisticamente e culturalmente più caldi si poteva e  si può trovare un po' di vitalità, ma oltre questi luoghi il nulla. L'economia stantia e morente che è stata vittima dell'esodo "dei grandi motori economici" ha procurato una progressiva fuga verso città economicamente più vantaggiose quali Milano, Roma e Bologna, luoghi che i torinesi quotidianamente o settimanalmente sono obbligati a raggiungere per avere modo di lavorare e sbarcare il lunario; un sistema di vita imposto dalla scelta delle aziende che hanno ridotto i costi abbandonando Torino per concentrarsi nelle altre città economicamente più riconosciute e frequentate. Certamente c'è ancora chi resiste ed ha la fortuna di lavorare in questa città di lavoratori emigrati, ma sono poche eccellenze che rischiano tutti i giorni di emettere l'ultimo respiro. Il mio vagare per il Paese è figlio della ricerca della stabilità lavorativa quindi io per primo sono un emigrante del lavoro e nei miei viaggio ho avuto modo di confrontarmi con la realtà altrui, a volte più faticosa della mia, scoprendo così persone di una forza e determinazione interiore davvero notevoli.
Proprio per aver conosciuto la forza dei torinesi, che mi duole vedere questa città agonizzare e non trovare il proprio orgoglio nell'avere più "cuore" per essere più accogliente ed accattivante ed ottenere così il medesimo riconoscimento socioculturale ed economico come le altre città che ho menzionato; sembra che qui ormai si sopravviva stancamente agli eventi, sperando che le cose non peggiorino. Evito però di fare delle domande retoricamente scontate e lascio solo questo mio rammarico in queste parole sperando di vedere un domani una Torino più dominante e presente nell'economia del Paese.