mercoledì, settembre 20, 2023

Tornare sui Banchi

Siamo ad inizio settembre e come scritto nei post precedenti, nel nuovo percorso intrapreso oltre allo stato di forma stavo considerando anche la possibilità di tornare a studiare.
Il tempo per decidere e scegliere non è molto. I dubbi e le perplessità sono tante, anche perché l'impegno sarebbe notevole, specialmente se considero anche le già tante ore lavorative di ogni giorno.

Ad ogni buon conto non mi sono precludo la possibilità ed ho iniziato a valutare le diverse opzioni: l'università tradizionale piuttosto che quella on-line, oppure qualche altra forma di "studio" meno impegnativo. Per quanto riguarda l'università tradizionale i costi sarebbero onerosi, oltre che non avere la certezza di trovare una facoltà logisticamente comoda e che tra le altre cose non abbia l'obbligo di frequenza o proponga anche delle lezioni non in presenza; per questo la ricerca si è sin da subito concentrata sulle università on-line, riscontrando però lo stesso onere economico di quelle tradizionali e una serie di corsi, che pur essendo molteplici, passavano da temi specifici a temi di troppo largo respiro: scenario che mi ha messo inaspettatamente in difficoltà. Inizio così a valutare se la spesa ne valga la pena, considerato poi che non mi è così fondamentale una laurea a 50 anni poi... la professionalità è ormai acquisita e circoscritta ad un mondo professionale ben delineato, sarebbe impensabile prendere una laurea per intraprendere una nuova carriera (ndr forse mi manca il coraggio).
Mi prendo così qualche giorno per riflettere meglio su quelle che potevano essere le aspettative o le necessità di dover tornare tra i banchi di scuola. Nel corso dei giorni si vanno via via escludendo le diverse opzioni: non sono alla ricerca di un titolo accademico "formale"; lavorativamente parlando non mi potrebbe dare nessun vantaggio né opportunità di crescita o di ricollocazione soprattutto in relazione all'età anagrafica; non mi occorre un titolo di studio per appagare, o meglio compensare qualche lacuna personale nei confronti di chissà chi.

Alla fine cosa è restato? Che la voglia di tornare a studiare era dettata dalla necessità di risvegliare l'interesse per lo studio, per la ricerca, per la scoperta di cose nuove: stimolare la mente ad uscire dal torpore della routine e della noia del quotidiano che mi opprime.

Ed è così che mi oriento alla ricerca di qualche corso alternativo, indirizzo che mi fa rispolverare una buona alternativa scoperta grazie un'amica già anni fa. Mi concentro dunque sull'Università Popolare di Torino, una Fondazione culturale che offre un ampia gamma di corsi: sono ben 125 e tuti serali! C'è un abbondanza di temi trattati che mi trovo addirittura in difficoltà a scegliere. Anche qui mi prendo nuovamente qualche giorno e poi inizio a scegliere con due criteri: il primo che riguarda corsi in presenza, il secondo che siano corsi per certi versi leggeri e/o utili in qualche misura. Nel frattempo questo mercoledì esco un po' prima da lavoro e mi dirigo alla segreteria dell'Unipop di Torino per effettuare l'iscrizione. Giunto a destinazione vengo accolto dal personale della segreteria che, orami, avvezza al periodo ed alle facce che si presentano sanno già cosa dire, fare e come portarti a bordo di questa realtà; non a caso terminate le operazioni di registrazione non manca la domanda: "ha per caso scelto qualche corso a numero chiuso? perché le disponibilità di questo periodo ormai sono limitate." Preso in contropiede, chiedo di dirmi quali sono i corsi dove c'è ancora disponibilità e senza pensarci troppo li prendo: "Giocando con la LIS" e "Dillo in 7 minuti". Lo devo ammettere, li ho presi perché incuriosito dal primo, che si terrà on-line ed il secondo perché in presenza. A volte seguire l'istinto può portare a piacevoli sorprese.

E' fatta ora sono iscritto, due corsi già definiti! Ora non resterà che scegliere gli altri ma fortunatamente c'è tempo sino al 24 di ottobre, data di inizio dei corsi, tutti, quelli in presenza e quelli a distanza.

giovedì, agosto 31, 2023

Sogni Animati - Ghibli

Amo i cartoni animati o come vengono chiamati oggi gli "anime". Il più delle volte questi sono tratti dai manga, altre volte nascono grazie alla fantasia di qualche sceneggiatore o scrittore e sono anime unici per lo più in forma di film e per alcuni di questi solo dopo arrivano i manga o gli anime in serie. Per la seconda volta mi sono lasciato rapire da una rassegna di film animati dello studio giapponese più famoso, lo studio Ghibli. In questa torrida estate ho avuto l'occasione di potermi godere 5 film prodotti da questo studio che raramente sbaglia, giusto per dare un'idea qui di seguito l'elenco dei lungo metraggi:

  • Lupin III - Il castello di Cagliostro (Rupan Sansei - Kariosutoro no shiro) (1979)
  • Nausicaä della Valle del vento (Kaze no tani no Naushika) (1984)
  • Laputa - Castello nel cielo (Tenkū no shiro Rapyuta) (1986)
  • Il mio vicino Totoro (Tonari no Totoro) (1988)
  • Kiki - Consegne a domicilio (Majo no takkyūbin) (1989)
  • Porco Rosso (Kurenai no buta) (1992)
  • Princess Mononoke (Mononoke-hime) (1997)
  • La città incantata (Sen to Chihiro no kamikakushi) (2001)
  • Il castello errante di Howl (Hauru no ugoku shiro) (2004)
  • Ponyo sulla scogliera (Gake no ue no Ponyo) (2008)
  • Si alza il vento (Kaze tachinu) (2013)
  • Kimi-tachi wa dō ikiru ka (2023)
In questa occasione ho avuto il piacere di godermi l'animazione di 5 dei film sopra elencati con la rassegna "Un mondo di sogni animati", tra luglio ed agosto a distanza di 7/15 giorni l'uno dall'altro sono stati riproposti film di animazione tutti contraddistinti da un tratto rappresentativo se voglio un po' vecchia maniera, senza digitale o non troppo e con linee tradizionalmente "sommarie"; ma il bello di queste animazioni, almeno per me, è proprio lo spazio che lasciano all'immaginazione di riempire e definire quei dettagli che sembra non esserci. Sì sembrano non esserci ma in realtà la cura e l'attenzione dell'animazione ci sono è sono per ognuno dei film che ho visto peculiari. Ad esempio in Ponyo sulla scogliera i dettagli realizzativi e più rappresentativi erano legati all'acqua, del mare, dei fiumi, mentre in Il mio vicino Totoro la cura era puntata sulla vegetazione, od ancora per Si alza il vento  dove l'espressività e le emozioni dei personaggi era tutta concentrata sugli occhi. Insomma una categoria di cartoni animati che un po' stona con le nuove tecniche ed il nuovo realismo che i film di animazione oggi presentano. Ma al di là delle preferenze che si possono avere sulle tecniche realizzative, è innegabile che le storie sono sempre affascinanti ed accattivanti, con più chiavi di interpretazione qualora ci si voglia trovare una morale od fine alle varie storie narrate. 

Nonostante non abbia fatto le consuete vacanze estive andando al mare o in montagna, quest'estata è stata per me un godimento, questi film mi hanno permesso di vagare con la fantasia, rimettere in moto l'immaginazione. Era da tempo infatti che uscendo dal cinema non mi sentissi appagato e colmo dalla visione, questa rassegna invece mi permesso invece di godermi appieno le proiezioni e non solo, una volta uscito avere ancora negli occhi quelle immagini, i fondali animati, oltreché avere un senso di appagamento della storia vissuta tramite quelle immagini colorate ed animate per l'occasione delle varie storie, tra misticismo, magia, realtà e fantasia. Mi rammarico un po' di aver perso la stessa rassegna l'anno precedente che proponeva altri titoli che avrei visto e per alcuni rivisto con immenso piacere. Mi auguro ci siano altre occasioni per avere occasione di rivivere le splendide emozioni vissute in queste ultime settimane.

mercoledì, luglio 05, 2023

Lavoro Irrequieto

Con molta probabilità ho già scritto in passato dei miei stati d'animo lavorativi, ed ora eccomi nuovamente qui a farlo. Ho notato negli anni che ciclicamente attraverso diverse fasi in ambito lavorativo: passo dalla stimolante entusiasmo della novità, al pacato consolidamento dell'esperienza del ruolo, per poi giungere immancabilmente alla noia che sfocia nel disamoramento della quotidianità lavorativa. Queste fasi si sviluppano generalmente in un arco temporale che va dai 18 a 36 mesi a seconda della complessità dello scenario lavorativo. In passato mi veniva in aiuto il fatto che fosse più facile cambiare lavoro, piuttosto che essere legato ad aziende che subivano variazioni o trasformazioni societarie, in questo modo all'apice della noia era più facile sia direttamente che indirettamente trovarmi in nuovi contesti che permettessero di rilanciare l'entusiasmo grazie ai cambiamenti. Mi ritrovo ora, dopo 27 anni di lavoro, ad avere un'età in cui è più difficile cambiare ed anche ce ne fosse la possibilità non c'è una certezza nella stabilità del futuro; la maturità mi fa essere da un lato più garantista e dall'altro meno propenso all'azzardo, facendomi fare riflessioni da un punto di vista più cautelativo.

La premessa per far comprendere il momento che sto attraversando in questi ultimi mesi, nonostante ci sia stato un cambio organizzativo 3 anni fa, è che l'effetto novità si è esaurito molto preso, ed altrettanto velocemente la fase del consolidamento del ruolo (cambiato molto poco per la verità), facendo arrivare più in fretta la fase della noia. Il cambio organizzativo ha modificato alcuni aspetti formali, ma non quelli sostanziali definendo in questo modo una sorta di appiattimento della quotidianità. Un piccolo scossone poteva arrivare con il cambio di ruolo e di segmento di riferimento, questo mi avrebbe dovuto portare a mettere a frutto l'ampia esperienza con la prospettiva di poter fare cose migliori, più complesse, più eccitanti e gratificanti; dopo qualche mese mi sono però reso conto che così non sarebbe stato. Le aspettative mancate non sono derivate da me, bensì da almeno tre fattori: il primo legato al Covid  che portato una grande trasformazione che nel mondo del business, facendo cambiare prospettive, modalità e priorità di spesa alle imprese, e malauguratamente non in meglio, anzi; il secondo fattore è la nuova configurazione aziendale che ha determinato una "specie di impoverimento" della struttura in cui sono inserito, progressivamente ci è stato levata autonomia e valenza nelle collaborazioni e contribuzioni con le altre strutture e/o divisioni aziendali; il terzo, ma non certo ultimo, le politiche socio-economiche globali che hanno portato all'inasprimento di alcuni conflitti e l'avvio di altri che hanno impattato sul mercato globale del mondo del business inasprendo la "recessione" negli investimenti sui servizi accessori. Questi fattori hanno fatto sì che la mia quotidianità sia stata indirettamente impattata perché lavorando con il mercato delle aziende e non con clienti di tipo domestico, si è risentito nella capacità e volontà di spesa/investimento che tutte le imprese hanno progressivamente cambiato, ridotto e trasformato in altro.

Sono qui a scrivere della noia quotidiana che mi pervade sul posto di lavoro, non bastano le formazioni che l'azienda ci mette a disposizione, l'apprendimento da remoto non è così stimolante, anzi diventa per sin un disturbo; per quanto sia gratificante, non basta più essere un riferimento "qualitativo" all'interno del gruppo di lavoro; se già in precedenza era uno dei pochi aspetti spiacevoli, in questi ultimi tempi la mancanza di educazione e rispetto per il mio tempo (come per quello dei miei colleghi di reparto) sta diventando sempre più insostenibile. In un contesto come questo, quindi mi è venuto naturale non avere più aspettative o ambizioni lavorative, ed invece sentire sempre più la necessità di trovare nuovi stimoli e nuovi orizzonti extra lavorativi. Credo sia per questa condizione e per questioni di maggior consapevolezza su alcuni aspetti di me stesso di aver indirizzato le energie verso altri ambiti come una miglior condizione fisica e la ricerca di nuovi stimoli culturali anche se non di alto livello. 

Devo essere sincero, tutto questo in parte mi rattrista in quanto ho sempre amato fare bene, avere buoni rapporti e una buona considerazione nel lavoro. Ritrovarmi a così tanti anni di distanza dal riposo professionale ad avere lo stesso atteggiamento dei pensionandi o di quei colleghi che non hanno più nulla da dare perché stanchi o rammaricati del loro percorso, per un verso mi fa paura ma ancor di più mi angustia non avere la capacità di far fronte ad un contesto lavorativo se non con una sorta di rassegnazione e fatalismo attendista. Ho anche pensato che potrei cercare un altro lavoro, ma l'età, la seniority e l'incertezza di un posto di lavoro stabile mi frenano, e mi domando se sia per  saggezza o più banalmente mentalità da vecchio... Resta il fatto che tutto questo rende le giornate faticose, lunghe e per certi versi logoranti.