lunedì, settembre 17, 2012

Frustate Di Frustrazione

E' un periodo così! Non passa giorno che non vengo psicologicamente frustato. Ogni situazione si trasforma in un piccolo tormento, ogni parola pesa come non mai, ogni azione sembra portare solo conseguenze negative o poco gratificanti. Per dirla tutta non mi sento vittima, ma sono settimane che profondo energie con continuità e costanza, ma non ne vedo i frutti o per essere più preciso non ne vedo alcun effetto. Ogni intenzione di essere presente e reattivo si dissolve a fine giornata come neve al sole. Cerco di mettere ogni tassello al suo posto, di rendere meglio ogni volta il concetto degli scenari in cui ci si trova, ma ho sempre la sensazione di non riuscire nel mio intento, di essere sordamente ascoltato.
Non sono di quelli che all'occasione non fa mancare la tipica frase "te l'avevo detto!", ma dipanare le matasse giornaliere diviene difficile senza supporto e senza ascolto, quando poi si arriva al momento temuto che si presenta esattamente come le tue paure di avevano fatto parlare ed agire, non riesco a non pensare "l'avevo detto!". Così ogni giorno arriva la frustata che demolisce il mio umore. Mentre qualche mese fa era limitato in certi contesti e in certi ambienti e quindi tutto sommato sopportabili e gestibili, ora accade anche in altri, aumentando in questo modo la mia frustrazione. Per quanto mi sforzi di trovare il senso dei miei intenti, per quanto cerchi di mettermi in discussione, per quanto cerchi altri punti di vista non riesco a sollevare la testa ed ogni volta, per ogni contesto ricevo solo la frustata di indifferenza, di impossibilità ad essere preso in considerazione quel tanto che basta a poter aprire dei tavoli di confronto e nuovi dialoghi. Ogni giorno ricomincio da capo a ricomporre le tessere di un puzzle infinito che non termino mai, ma che ogni giorno si smonta completamente; non vedo mai una volta questo puzzle parzialmente intatto, si sfalda ogni sacrosanta volta che provo a rimetterlo insieme. Frustrante. Con questo non è che mi farò fermare, sono come uno stupido mulo, vado avanti o resto immobile per quanto la mia testa mi dirà di comportarmi in quel modo. Ma questo atteggiamento è faticoso proprio perché non produce risultati, perché non interessa a nessuno dove va questo mulo o perché se ne sta fermo.
Non è la prima volta che mi trovo in questa situazione, ma non ci faccio mai l'abitudine. Rispetto ad altri contesti conflittuali, questo in cui la sensazione di incompiuto è più persistente e la mancanza di tangibili risultati, mette sempre a dura prova l'autostima, non concede certezze di operare nel verso giusto o non aiuta al raggiungimento della consapevolezza di aver sbagliato e potersi correggere per il futuro. L'inconsistenza dell'operato giornaliero e quel barcollare senza meta in mezzo al nulla sfiniscono e frustrano lo spirito.
Diventa così sempre più faticoso alzarsi la mattina e iniziare una nuova giornata, solo la tenacia e la caparbietà di voler vivere una giornata diversa dalla precedente mi danno quel minimo di energia per incominciare... ma poi arrivano le frustate gratuite, superficiali, distanti dalla tua quotidianità che ti smontano, e come un mulo bastonato, resto lì a prenderle senza fiatare, immaginando una giornata successiva meno peggiore di quella odierna. Frustata dopo frustata mi sarei aspettato di averci fatto il callo e di sopravvivere meglio a questi momenti, ma questo callo non c'è, non si forma. Le frustate mi lacerano poco a poco e mi rendono solo più insensibile alla mia vita. Frustrato torno ogni sera a casa, senza aver visto o goduto di un risultato positivo, si salva solo la dignità dell'uomo che non può negarsi di averci provato e di non aver rinunciato, ma è magra consolazione in periodi come questo. E poi... e poi penso a quelli senza lavoro, a quelli malati seriamente, a quelli che stanno peggio di me e, non mi si risolleva il morale, mi rendo solo conto che nonostante sia un privilegiato, un fortunato, in fin dei conti sono solo un uomo.

domenica, settembre 09, 2012

Se Non Ti Riguarda...

Che dire... sono rimasto senza parole, o quasi... Per carità sono stato al telefono per oltre 20 minuti per darle sostegno, per cercare di dare un senso a certe emozioni e per affrontare quelle notizie, ma non è facile.
Da sempre mi ritrovo ad ascoltare le emozioni, i pensieri, le paure, le angosce e le ansie degli altri ed ogni volta cerco di trovare le parole giuste per tenere la conversazione nella giusta direzione e nella giusta prospettiva; non mi sento un prete o un profeta o un santone , non ho le risposte giuste, ma ci provo ad alleviare il peso che sento negli altri. Sarà la mia indole protettiva e di ottimista, anche se non si vede mai, con l'aggiunta di una buona dose di razionalità che mi permetto di analizzare con i miei interlocutori del momento le situazioni che mi raccontano. L'educazione che ho ricevuto mi permette anche un livello di riservatezza non indifferente, tale da potermi gestire anche nelle situazioni più impensate. A volte penso che sia facile per me fare, come dico spesso, il fratello maggiore, e comportarmi così da confidente e supporter: in fondo non riguarda me, non mi tocca in prima persona; posso essere più lucido ed oggettivo e non lasciarmi coinvolgere dalle passioni e dalle pulsioni emotive. Ma giornate come questa che stanno diventando un po' troppo frequenti, mi rendo conto che non è così come ho scritto. Mi riguarda, eccome se mi riguarda. Non serve andare a guardare lontano, e molto a vicino a me sono accadute cose di ogni tipo, e involontariamente le ho vissute quasi in prima persona. Sin dai tempi dell'oratorio ero quello che ascoltava le confidenze di amanti tormentati dai loro amori giovanili, delle gelosie, antipatie invidie tra amici e amiche; anche più avanti nelle scuole mi sono ritrovato a sentirmi fare confidenze sulla famiglia o su qualche parente, arrivando sino a oltre la maggiore età in cui ho amato, odiato e vissuto le storie mie e degli altri, ma non mancavano le occasioni in cui mi si veniva a raccontare, sfogare, gridare, piangere il dolore, la sofferenza e la paura che ognuno viveva. 

Oggi è accaduto di nuovo!

Avrei dovuto concentrarmi sul lavoro che mi ero portato a casa, ma ho dovuto prendere tutta la mia esperienza e sostenere chi mi ha chiamato e non di meno sostenere anche me stessp. Ed è così che non sono più riuscito a concentrarmi. E' un bel dire: "non ci pensare vedrai che le cose si sistemano", oppure "tanto noi non possiamo fare nulla se non essere presenti come e quando si riesce", o ancora "non lasciarti sopraffare dall'angoscia o dall'ansia o dalla paura che sia, cerca di di essere positivo"... Anche in questo caso non è toccato a me, ma non è andata per niente lontana. Sono mesi che rimbalzo da un'amicizia a un parente più o meno vicino, a qualcuno conosciuto da qualche mia amicizia per tornare vicino alla famiglia, come 8 anni fa, come 4 anni fa...

Ancora una volta di più cercherò di non dare per scontato che se qualcuno fa vita dissoluta e sempre improntata al divertimento, lo faccia perché è solo superficiale... potrebbe farlo per evadere da una vita meno gioiosa e cercare rifugio nel disimpegno. Già perché non tutti affrontano le brutte notizie e le brutte situazioni allo stesso modo. Per quanto mi riguarda oggi apparentemente ho tenuto botta, ma un dettaglio mi ha spaventato a morte e in pochi millesimi di secondo ho pensato le cose peggiori, ma dovevo stare calmo e dare sostegno alla controparte della telefonata. In parte mi ero già preparato, e mi auguro che molte situazioni si risolvano per il verso giusto, altrimenti dovrò iniziare nuovamente a cercare le vie giuste per raggiungere una delle mie destinazioni. E' facile parlare e dare l'impressione che le soluzioni sono a portata di mano o che sembra un gioco da ragazzi modificare il proprio carattere per far fronte agli imprevisti della vita, ma in realtà siamo bravi a dire e fare così solo perché non ci riguarda... ma a ben vedere ci riguarda sempre, siamo noi che non vogliamo credere che "il male" è sempre troppo vicino a noi... facciamo finta di niente, tanto non è a noi che tocca direttamente... e se così fosse invece? Sapremmo cosa fare e sapremmo ascoltare quello che ci dicono gli altri? Che effetto ci farebbe? Penseremmo a quel punto che parlano facile solo perché non li riguarda?

Io comincio a sentire il peso delle cavolate, la mia vita si sta inspessendo sempre di più e non di facezie, ma di responsabilità dirette e indirette: e pesano. Quindi perdonatemi se non sono stato troppo lineare in questo post, ma i pensieri, tutti, si sono affollati e non riuscivo più a trattenerli e tanto meno a dargli un ordine ben preciso. Son qui a scrivere e ancora sto pensando da che parte cominciare e come fare a trovare soluzione e sollievo per tutti... ma non ho questo potere: già è difficile sostenere se stessi, figuriamoci a sostenere tutti coloro a cui siamo affezionati. Eppure al prossimo sfogo, lo so già, rimetterò la camicia del fratello maggiore e cercherò le parole "salvagente" anche se per pochi istanti, mi auguro avranno quell'effetto. Ma ora non ne ho, quanto meno non ne ho per me e ne conosco anche il motivo: perché mi riguarda! Mi riguarda sempre!

martedì, settembre 04, 2012

Essere Rock

E' da qualche settimana che sto ascoltando una nuova, almeno per me, emittente radio, in precedenza ero stereotipato su una delle solite qualche anno fa non lo era, ora è come tutte le altre si è riportata sullo schema commerciale. Ma tornando alla mia recente scoperta, questa che mi allieta al mattino nel tragitto che percorro per andare al lavoro ed al ritorno a casa tutte le sere è prettamente rock. Per carità passano anche canzoni da classifica di notorietà commerciale, ma per lo più passa canzoni che vanno a proporre anche musiche che fanno parte del mio bagaglio storico anche grazie ad un fratello maggiore di 9 anni che mi ha fatto ascoltare generazioni musicali diverse dalla mia contemporaneità giovanile. Sono sempre stato affascinato ed attratto dal rock per la carica e la filosofia dei suoi interpreti e di conseguenza delle storie ed esperienze che i testi e le musiche interpretano portano con se. Probabilmente dopo aver esaurito il ciclo delle convenzioni sociali sto tornando progressivamente alla mia indole più indipendente e ribelle (inteso come anticonvenzionalità) riesumando quella irriverenza verso il consueto, gli stereotipi, il così fan tutti.

Il rock, nelle sue diverse sfumature e categorie, ha sempre rappresentato per me quella libertà di espressione che a volte nella vita sembra negata o non appropriata. E' un genere che viene cantato quasi gridando se non urlato per davvero, in contrasto a momenti di delicatezza e sottovoce, accompagnata dalla musica ricavata nel percuotere tutti gli strumenti per farli vibrare a più non posso e mettere in fila quelle note tanto grezze e decise quanto a volte armoniose e ordinate per trasmette il loro messaggio di sfida e rivalsa verso il mondo.

Nei vari promo che passano alla radio quello che mi fa "spaccare" e quell'atteggiamento confortante in cui ti ricordano che seppure padre di famiglia a cambiare pannolini, piuttosto che animalista convito, piuttosto persona educata e civile o all'apparenza un modesto impiegato o casalinga o qualunque altra persona di tutti i giorni ti tranquillizzano confermandoti che tutto ciò che sei  è rock! Non serve apparire ma essere rock! Vien da se che non servono necessariamente i capelli lunghi le giacchette di jeans strappate o di pelle, od i pantaloni attillati e lisi o le le catene o anelli, tatuaggi per essere un rocker: basta pensare come un rocker, agire come un rocker vivere come un rocker. Se volete sapere da me cose è un rocker, ammetto la mia colpa, non ve lo so dire, so solo che vivere per quello che sono per me fa tanto rock, mentre per qualcun altro potrebbe sembrare new age o zen... Non che abbia una valenza il mio pensiero, ma di certo non me ne preoccupo (che mi da tanto l'idea di rock), fin quando rispetto e sono rispettato, il mondo per me può andare avanti. Ma se qualcosa mi sembra che sia fuori posto o che stona un po' troppo, anche qui per me è molto rock alzare la testa e chiedere spiegazioni o cercare di rimettere tutto al suo giusto posto. Insomma il rock è segno di identità e consapevolezza, che arrivano talvolta anche da momenti non propriamente felici e di discutibili valori, ciononostante se uno ha imparato qualcosa in più da se stesso e su se stesso e non lascia spazio alla vergogna e ne fa tesoro questo è rock.

Questo pensiero mi è venuto dopo aver ascoltato casualmente Baba O'Reily dei The Who, scoprendo dopo ben 1 minuto che è stata utilizzata per una sigla di una delle serie CSI. Poco male mi godo i brividi che questa splendida composizione ed altre dello stesso gruppo mi danno, infondo per me è rock anche imparare qualcosa ogni giorno!

sabato, settembre 01, 2012

Autunno Caldo - Dov'è il Quarto Stato?

1901 - Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo
(inizialmente intitolato Il cammino dei lavoratori)




Manca poco all'autunno, meteorologicamente in queste giorni ne stiamo assaggiando un po' le premesse. Ma se come stagione l'autunno prevede l'abbassamento delle temperature, temo che socialmente sarà molto caldo. Seppure se ne senta parlare nei telegiornali, si leggano articoli su varie testate giornalistiche e le varie news su mondo del web, ho come la sensazione che neanche quest'estate di vacanze al ribasso ancora abbia aperto gli occhi alla popolazione italiana. Non voglio sembrare delatore o disfattista ma i segnali non mancano per recepire che la situazione non è per nulla rosea ne in via di miglioramento. Siamo una nazione vecchia, e stiamo lasciando anche che la nostra ricchezza fugga dal nostro paese, in silenzio a favore di culture economiche che si stanno preparando a spostare gli equilibri lontano da noi. Sono vago?
Bene per nazione vecchia intendo che con il sistema pensionistico in revisione ogni anno se non ogni semestre rallentano l'uscita dei lavoratori ultra 60enni e impediscono l'inserimento delle forze fresche (notizie di ieri disoccupazione al 34% solo tra i giovani), questo prevede stanchezza e disinteresse da parte del lavoratore, che aspetta solo più di andare via pagato al massimo possibile e non cura gli interessi dell'azienda e dell'economia italiana, lamentandosi di un governo schiavista. Io sono nella generazione di mezzo e sto pagando le pensioni di oggi e non certo la mia pagando i contributi con il mio lavoro che oggi valgono almeno il 35-40% dello stipendio (calcolatelo come volete, ma così è!).
Per quello che riguarda la ricchezza che fugge dal nostro paese invece mi rifaccio alle troppe volte che ho sentito dire dagli stessi extracomunitari e non solo loro, ma anche etnie dell'est (non sono razzista si chiaro) che non sono qui per vivere qui (e sono ancora troppo pochi)  ma che sono in Italia per avere qualche opportunità in più (la maggior parte) ammettono serenamente di prendere buona parte del loro guadagno,onesto, e lo investono nel loro paese e non nel nostro: questo per me è un danno enorme, sono soldi che arricchiscono altre realtà e non quella del mio paese, ritrovandomi tra 10 anni a dover concorrere con aziende che si trovano all'estero più sane e floride di quelle del nostro paese che stanno morendo poco a poco.
Oltre a questo ci volgiamo aggiungere la "Revisione della Spesa Pubblica", la "pressione fiscale" alta e che tenderà a crescere (iva 23% a giugno 2013), e che siamo nel pieno apice delle conseguenze negative dei mercati del lavoro degli ultimi 5 anni di crisi?
Seppure io mi ritenga, per il momento, un privilegiato del lavoro guardo al mio futuro, che non sarà diverso da  quello degli altri, con preoccupazione crescente: non vedo un paese che si sta rimboccando le maniche e si stringe in un coro forte e insormontabile in cui rompe i tavoli di discussione, rivolta i sindacati odierni (svenduti e inflazionati) e scende in piazza davanti al governo e chiede giustizia, norme e azioni concrete per rafforzare lo strato sociale che produce ricchezza e rimpingua le tasche di tutti tranne che le proprie. Non vedo una coesione nel smettere le cattive abitudini sperperando i pochi soldi rimasti per cose superflue. Sarà che sono un romantico e ancora ho ben in mente il dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo che rappresentava il "Quarto Stato" in marcia verso il "Signore delle terre.." per chiedere una trattamento equo.
Noi che stiamo facendo? Apprendiamo le notizie di quanto hanno deciso "gli altri" (stato, sindacati, signori dell'economia) e ci lamentiamo, ma cos'altro facciamo?
Bene io nel mio piccolo andrò a fare i conti di casa come si deve e andrò a togliere tutto quello che riterrò superfluo, non voglio farmi prendere in contropiede e trovarmi con più uscite rispetto alle poche entrate... ma dopo? Ma dopo cosa posso fare? A chi mi affido per avere una rappresentanza verso le istituzioni per chiedere quanto è giusto chiedere? Se ancora non fosse chiaro non confido nei sindacati odierni, troppo addentrati nella politica e troppo coinvolti nelle economie globali, per fare gli interessi della popolazione. In 15 di lavoro e ancora prima( quindi arriviamo a 25 anni) nei quali posso ritenere di comprendere qualcosa di lavoro non ho mai sentito dire: "il governo ha approvato la legge che impone la rivalutazione degli stipendi dei lavoratori in conseguenza del cambio dei valori economici della vita odierna". Gli stipendi non sono cresciuti proporzionalmente a quanto è stata la pressione fiscale e il rincaro della vita: questa sarà la nostra rovina, perché finiti i pochi risparmi rimasti, saremo poveri.
Dunque pur sembrando un menagramo, vi dico che questo autunno sarà caldo e prevedo un forte declino dell'economia con la chiusura di molte realtà economiche entro la fine di quest'anno; l'estate ha già mietuto ma non è ancora finita; a questo si aggiungerà che nel primo semestre del prossimo anno dovremo ancora faticare e non poco visto le drastiche, forse necessarie, azioni che toglieranno soldi dello stato da molte realtà economiche come richiede la tanto declamata e internazionale "spending review": chissà se tutti hanno capito cosa significa e quali ambiti va a toccare? Personalmente spero solo di essere pronto a sopravvivere a quanto succederà nel prossimo e più imminente futuro.

Addendum: a seguito di un unico commento ho provveduto a correggere titolo e didascalia dell'immagine riportandolo il tutto ad una più corretta definizione. Di seguito il commento anonimo, cancellato perché senza firma, che riporta la segnalazione del mio evidente errore nella denominazione del quadro(qualcuno che legge con coscienza c'è!!) 

 Anonimo ha detto...
guarda che il quadro di Pellizza da Volpedo si chiama "Il quarto stato", non il quarto potere.
venerdì, novembre 02, 2012 10:59:00 m.