mercoledì, giugno 09, 2010

Visual Scape & Video Scape

Può sembrare strano come libri di trent'anni fa siano ancora attuali, ma a ben pensarci non lo è poi così tanto. Se ci si riflette a dovere capita spesso di dire che si vivono dei ricorsi storici, che siano legati a fatti economici piuttosto che politici, ma vale molto di più per gli aspetti sociologici. Il libro che mi ha fatto pensare all'attualità dei suoi contenuti è una trattato sugli effetti sociali dei visual-scape piuttosto che dei video-scape ovvero di quei mezzi ad impatto audiovisivo a cui ognuno di noi è sottoposto. Pur inconsapevolmente ogni momento della nostra giornata, ed ogni giorno della settimana, mese, stagione anno siamo inseriti in un contesto sociale-visuale che già si palesava 30 anni fa. Facendo il debito confronto forse i mezzi erano diversi, o per meglio dire meno sofisticati, ma resta il fatto che a partire dalla fine degli anni '70 le società urbane  e sub-urbane hanno cominciato a riempirsi di mezzi di comunicazione prima visiva e poi anche uditiva che propongono modelli di vita sempre più globalizzanti e conformanti, portando ognuno di noi, si perché nemmeno io che ne scrivo non ne sono esente, ad assimilare costumi e abitudini sociali che ci rendono fotocopie uni degli altri. Seppur si tenti di trovare un proprio carattere e un proprio stile, i visual-scape ed i video-scape sono più potenti delle nostre identità personali. A volere essere integerrimi e mantenersi con peculiarità proprie i rischi che si corrono sono notevoli e potrebbero portare ad un invisibile isolamento sociale; a voler fare cose diverse alla lunga si potrebbe restare da soli, a volere vestire in un certo modo, ci si troverebbe in molti frangenti quotidiani a restare a disagio o creare imbarazzo per quello che si potrebbe definire eccentricità nell'abbigliarsi, e l'elenco potrebbe continuare a trovare ogni situazione, occasione di essere indipendenti rispetto a quello che socialmente va per la maggiore. Ma non c'è da preoccuparsi, in fondo sono le mode (o per meglio dire i colossi dell'abbigliamento e non solo) che ci corrono in aiuto[?] proponendo sul mercato pubblicità, riviste, film, personaggio televisivi che si vestono in un certo modo, ritrovando poi la stessa tipologia di indumenti nei vari negozi più o meno "in", così come anche nei supermercati i prodotti alimentari stanno raggiungendo un basso livello di uniformazione proponendo solo più determinate tipologie di cibo, o ancora non temete c'è sempre chi vi dice come comunicare, quando e dove senza che vi poniate voi il problema. Ed è a questo punto che inconsapevoli siamo entrati nel meccanismo che tutto ciò che vediamo sia a livello commerciale, che architettonico, che di "dressing" lo prendiamo per buono, credendo di avere delle alternative, ma che si rivelano solo palliativi di scelte condizionate ed obbligate.
Le città si sviluppano esteticamente, commercialmente, economicamente e socialmente in funzione di quelli che periodicamente i mass-mediologi propongono come miglior prospettiva ed aspettativa del momento grazie anche all'aiuto di strumenti, i video-scape, di cui ci circondano e che gli analisti di marketing studiano sulla base delle nostre reazioni e interazioni: sarebbe bene non sottovalutare più questi strumenti, mentre 30 anni fa erano dei semplici monitor-video agli angoli delle strade, o nei primi avveniristici supermercati, oggi ce li ritroviamo ovunque, nei bar, nelle sale di attesa, sulla metropolitana e non meno importante ma sicuramente non considerato oggi, anche internet con tutti i suoi socialnetwork, passatempi, siti a tema, ecc. ecc. che ci bombardano ad ogni occasione con quello che magari non ci serve, ma che ci convinceremo un domani ci servirà. E pur volendo rimanere qualche passo indietro, non lo potremo più fare altrimenti non saremo a sufficienza informati, non avremo nozioni di dialogo, per quanto superficiali possano essere i dialoghi odierni, non avremo voce in capitolo non sapendo bene di cosa si stia parlando solo perché non ci si è voluti uniformare. L'aspetto forse più triste che anche a volerlo fare a tutti i costi, si corre il pericolo di non essere nemmeno ascoltati come anticonformisti, come rivoluzionari, o come semplice voce fuori dal coro ma di essere semplicemente considerati come "pezzi da museo" e retrogradi. I mezzi persuasivi ormai sono dietro ogni angolo e sotto ogni pietra anche se non ce ne rendiamo conto; seppur abbiamo la sensazione di avere delle alternative, ho compreso a mie spese che sono alternative controllate e mediate sempre in qualche modo. Devo dare ragione al mio professore di disegno quando mi diceva: " ricordati che non esistono idee nuove, ma solo idee innovative; qualsiasi cosa pensiamo di fare come mai è stato fatto in realtà stiamo applicando solo una modifica, reinventiamo quanto abbiamo già visto, assimilato, ascoltato da cose da altri fatte, dette, suonate in precedenza". Ed è così, altrimenti saremmo tutti milionari con brevetti per ogni cosa, saremmo tutti geni matematici, fisici o massimi esperti in qualsiasi altro campo... In sostanza siamo il prodotto della società che ci circonda e nulla più, crescendo e maturando attraverso esperienze che altri possono averci messo in condizione di scegliere di fare, ma non mi dilungo su tale questione che si rischia di sconfinare sul concetto di libero arbitrio (magari tema del post successivo). Dunque concludo suggerendovi di iniziare a rivalutare ogni cosa vi si ponga davanti agli occhi e cominciare a guardare, se non addirittura osservare con mente più aperta possibile e meno conforme ai canoni della quotidianità di questo terzo millennio che stiamo vivendo e magari pensando di non essere troppo dissimili  o migliori di coloro che vivevano la quotidianità di 30/40 anni prima.

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