La premessa per far comprendere il momento che sto attraversando in questi ultimi mesi, nonostante ci sia stato un cambio organizzativo 3 anni fa, è che l'effetto novità si è esaurito molto preso, ed altrettanto velocemente la fase del consolidamento del ruolo (cambiato molto poco per la verità), facendo arrivare più in fretta la fase della noia. Il cambio organizzativo ha modificato alcuni aspetti formali, ma non quelli sostanziali definendo in questo modo una sorta di appiattimento della quotidianità. Un piccolo scossone poteva arrivare con il cambio di ruolo e di segmento di riferimento, questo mi avrebbe dovuto portare a mettere a frutto l'ampia esperienza con la prospettiva di poter fare cose migliori, più complesse, più eccitanti e gratificanti; dopo qualche mese mi sono però reso conto che così non sarebbe stato. Le aspettative mancate non sono derivate da me, bensì da almeno tre fattori: il primo legato al Covid che portato una grande trasformazione che nel mondo del business, facendo cambiare prospettive, modalità e priorità di spesa alle imprese, e malauguratamente non in meglio, anzi; il secondo fattore è la nuova configurazione aziendale che ha determinato una "specie di impoverimento" della struttura in cui sono inserito, progressivamente ci è stato levata autonomia e valenza nelle collaborazioni e contribuzioni con le altre strutture e/o divisioni aziendali; il terzo, ma non certo ultimo, le politiche socio-economiche globali che hanno portato all'inasprimento di alcuni conflitti e l'avvio di altri che hanno impattato sul mercato globale del mondo del business inasprendo la "recessione" negli investimenti sui servizi accessori. Questi fattori hanno fatto sì che la mia quotidianità sia stata indirettamente impattata perché lavorando con il mercato delle aziende e non con clienti di tipo domestico, si è risentito nella capacità e volontà di spesa/investimento che tutte le imprese hanno progressivamente cambiato, ridotto e trasformato in altro.
Sono qui a scrivere della noia quotidiana che mi pervade sul posto di lavoro, non bastano le formazioni che l'azienda ci mette a disposizione, l'apprendimento da remoto non è così stimolante, anzi diventa per sin un disturbo; per quanto sia gratificante, non basta più essere un riferimento "qualitativo" all'interno del gruppo di lavoro; se già in precedenza era uno dei pochi aspetti spiacevoli, in questi ultimi tempi la mancanza di educazione e rispetto per il mio tempo (come per quello dei miei colleghi di reparto) sta diventando sempre più insostenibile. In un contesto come questo, quindi mi è venuto naturale non avere più aspettative o ambizioni lavorative, ed invece sentire sempre più la necessità di trovare nuovi stimoli e nuovi orizzonti extra lavorativi. Credo sia per questa condizione e per questioni di maggior consapevolezza su alcuni aspetti di me stesso di aver indirizzato le energie verso altri ambiti come una miglior condizione fisica e la ricerca di nuovi stimoli culturali anche se non di alto livello.
Devo essere sincero, tutto questo in parte mi rattrista in quanto ho sempre amato fare bene, avere buoni rapporti e una buona considerazione nel lavoro. Ritrovarmi a così tanti anni di distanza dal riposo professionale ad avere lo stesso atteggiamento dei pensionandi o di quei colleghi che non hanno più nulla da dare perché stanchi o rammaricati del loro percorso, per un verso mi fa paura ma ancor di più mi angustia non avere la capacità di far fronte ad un contesto lavorativo se non con una sorta di rassegnazione e fatalismo attendista. Ho anche pensato che potrei cercare un altro lavoro, ma l'età, la seniority e l'incertezza di un posto di lavoro stabile mi frenano, e mi domando se sia per saggezza o più banalmente mentalità da vecchio... Resta il fatto che tutto questo rende le giornate faticose, lunghe e per certi versi logoranti.
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