martedì, maggio 23, 2023

I demoni son tornati

La solitudine (emotiva e non solo) gioca brutti scherzi. Ci risiamo, era da qualche anno che non mi succedeva! Sono settimane che sono irrequieto e costantemente con quella sensazione di insoddisfazione con in sottofondo anche un po' rabbia mista a tristezza. Nonostante mi sia concesso tempo ed opportunità per rigenerarmi in questi giorni emerge sempre più forte questo disagio emotivo. Come per tutti, credo, anche io ricado sempre negli stessi errori, reitero azioni che mi portano a infilarmi in situazioni scomode ed a volte dolorose. Dopo le esperienze precedenti dovrei aver ormai imparato, ed invece ci ricasco come fosse la prima volta. In questi giorni, oggi soprattutto, ho iniziato a considerare l'eventualità di andare in terapia, sì perché non è verosimile che a 50 anni si facciano gli stessi errori della gioventù; se da ragazzo potevo essere giustificato dall'inesperienza o dall'ingenuità, oggi con mezzo secolo alle spalle non sembra plausibile né giustificabile comportarsi in modo tale da mettersi in difficoltà da soli. Se nei post precedenti escludevo la crisi di mezza età, forse ora dovrei ricredermi.

Quello che sto accusando è un malessere personale, profondamente intimo. Se nel corso degli anni ho cercato di imparare dagli errori, di ascoltare i suggerimenti ed i consigli che mi sono stati dati, parrebbe che non sia servito a nulla. Esteriormente forse ho dato l'impressione di essere "cresciuto" di essere "maturato", ma se penso a queste ultime settimane, mi convinco sempre più di avere dei limiti affettivi. Nonostante abbia cercato di allenare la mia intelligenza emotiva o abbia cercato di gestire ed esternare meglio alcune mie emozioni, ho la sensazione di essere rimasto al punto di partenza: incapace, imbarazzato e per alcuni versi patetico. I comportamenti che metto in atto, gli atteggiamenti che ho verso le persone (alcune in particolar modo), mi restituiscono sempre le stesse sensazioni: mi sento una voce fuori dal coro, un uomo con un pensiero ed una emotività asincroni rispetto a tutto e tutti, vivo di sensi di colpa o di rammarico che per lo più potrebbero essere ingiustificati, ma che ad ogni modo invece ci sono e pesano.

Iscrivermi in palestra, pensare di tornare in qualche modo allo studio, prendermi cura di me stesso sembra non bastare a colmare il divario che sento con il resto dell'umanità che mi circonda; fare quello che tanti altri fanno, trovare modo di sentirmi parte di un qualcosa e di poterlo condividere con gli altri non sta dando il risultato atteso. Mi creo delle fantasie  emozionali o delle relazioni immaginarie che nella realtà non trovano una rispondenza, come se tutto fosse una lontano scenario che non si fonde e non si amalgama con quanto io "mi vada raccontando". Vivo di una quotidianità e di strampalate consuetudini che però non sono amalgamate alla realtà del resto del mondo. Mi creo da solo delle aspettative che puntualmente ed ovviamente vengono disattese e che infine mi deludono più del dovuto, mi feriscono ed ogni volta mi lacerano sempre un po' di più.

In questi giorni sto archiviando alcune relazioni, ed altre le sto rimodulando, che per quanto possano avermi dato in qualche modo, dal mio punto di vista non mi hanno restituito quanto credevo; ho forse costruito castelli in aria e girato dei film nella mia testa, che all'improvviso si sono smontati e si sono dissolti nel vuoto: tutto questo mi abbatte e mi demoralizza. Tutto ciò è riferito a me stesso, infatti credo che le persone che mi stanno intorno siano "ignare comparse" di un film esistenziale che mi sono fantasiosamente creato da solo. Qui sta il nocciolo della questione. Il resto del mondo è serenamente inconsapevole di tutto ciò, sì perché non mi sono mai osato ad andare a schiantarmi sino in fondo a discutere seriamente o valutare oggettivamente o confrontarmi direttamente con le questioni o le persone interessate; nel momento in cui arriva la delusione lascio solo andare e mi rimetto a costruire nuovi ed immaginari mondi sperando di trovare casualmente conforto o soddisfazione.

Questo stato d'animo, così radicalmente irrequieto, l'ho già sperimentato, provato in due occasioni: la prima volta da ragazzino quando mi sentivo escluso e inadeguato rispetto a tutti gli altri; la seconda a trent'anni o poco più quando sono dovuto crescere in fretta per forza di causa maggiore. In entrambe le occasioni lo smarrimento, l'irrequietezza il disagio erano tali da lasciarmi costantemente senza fiato, sempre con l'affanno e l'ansia ad accompagnarmi in ogni momento della giornata. Ed ora a 50 anni suonati, per la terza volta, accade di nuovo e mi fa ancor più paura perché nonostante le esperienze passate, il gran lavoro che ho cercato di fare su me stesso (inutile direi a questo punto), ancora mi ritrovo a patire questa condizione con l'aggravante di ulteriori demoni che si sommano a quelli vecchi, demoni ulteriori che non dovrebbero esserci ma che si palesano perché non voglio ammettere di essere debole, di essere solo un piccolo uomo in balia della mia fragile emotività nell'affrontare una vita che solo parzialmente si può comandare, ma che per lo più si può vivere al meglio con tutti i propri limiti. Non mi resta che attendere qualche svolta che faccia girare nuovamente la ruota dell'umore e dell'emotività e mi riporti ad una condizione sufficiente a sopravvivere alla meno peggio. Nel frattempo rifletto e rifletterò su cosa possa essere più utile per "imparare a governare questo stato emotivo".


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