martedì, settembre 28, 2010

Immaginarsi

A quanti è capitato di sentirsi domandare da piccoli "cosa vuoi diventare da grande?" oppure "che lavoro ti piacerebbe fare?". Sono da queste domande che iniziamo a immaginare noi stessi proiettati nel futuro impersonificando qualcuno. L'immaginario da bambini è un qualcosa che mi ha sempre affascinato perché la fantasia si metteva in moto con un nonnulla e si facevano dai sogni ad occhi aperti dove in taluni frangenti si andava anche a coinvolgere la realtà del momento. Peccato però che tale capacità con il crescere diminuisce e la fantasia viene sostituita con l'ambizione dettata per lo più credo da una specie di ammirazione. Così dall'immaginarsi da piccoli a grandi nei panni di una figura che è per lo più idealizzata e dogmatizzata pian piano si va a definire una aspettativa di se stessi sempre più materiale e concreta che impatta con la realtà che ci circonda. Mentre da anime innocenti l'immaginazione ci guidava in situazioni in cui eravamo qualcuno forse si di importanti, ma di buon carattere e rivolti a essere utili e protagonisti nel fare, diciamo, del bene con il passare del tempo attraverso l'adolescenza e poi con la maggiore età ed infine entrando nel mondo degli adulti l'immaginazione si affievolisce e lascia spazio all'ambizione, non necessariamente negativa, ma certamente rivolta alla concretezza delle necessità scegliendo passo dopo passo le scuole (chi più o meno indirizzato) le attività da svolgere nel tempo libero dove crescono aspettative e ambizioni e in troppi casi forse anche delle frustrazioni che alimentano la voglia di essere qualcun altro. L'immaginario semplice e multicolore e multidentià che da bambini ci permetteva di sognare e alimentare la voglia di crescere, mano a mano scompare si spegne lasciando posto a nuove immagini di se che si riflettono naturalmente dalla realtà che ci circonda e con la quale ci si deve confrontare.
Ci sono bivi ogni volta che si devono imboccare che ci portano ad esperienze diverse o similari dagli esiti a volte buoni a volte meno buoni che formano la nostra personalità. L'immaginario non c'è più c'è la crescita e la relazione con il mondo circostante che definiscono la nostra identità sia reale che percepita. Tale identità non sempre ce la sentiamo addosso nel modo più appropriato e nascono così esigenze di auto-espressione che non sempre vengono recepite dagli altri e forse anche da noi stessi.
Dalla sensazione che abbiamo di come veniamo percepiti possiamo vivere bene la nostra identità, come male cercando così nuovi rifugi più o meno condivisi e più o meno reali. Chi si da alla musica, chi allo sport, chi alla scrittura come ancora invece attraverso nuovi strumenti di relazione andiamo ad assume nuove identità che non sempre sono debitamente trasparenti. Uno di questi casi in cui si può prendere una nuova identità è il mondo virtuale che sia un videogioco più o meno di ruolo che sia internet con la sua capacità di nascondere mentre ci si mostra. Crescono paralleli così dei personaggi più o meno nuovi e più o meno veritieri che alimentiamo in un nuovo immaginario che però è limitato al contesto in cui si è inseriti che per quanto ampio e vasto possa essere come il mondo di internet soprattutto, non sarà mai tanto vasto come l'immaginario che può creare e gestire un bambino. Mentre su internet si è legati a nickname e avatar, che volendo nel tempo cambiano, ma restano isolati nel contesto in cui si è riconosciuti e non oltre come una community o una chat o socialnetwork... al di fuori di questi contesti occorre replicarsi e non è mai detto che ci si relazioni allo stesso modo: cambiando contesto cambia l'azione di reciprocità per forza di cosa per poter essere accettati e inseriti nel "sistema ambiente" nel quale ci si è temporaneamente collocati. Queste limitazioni nell'immaginario fantastico di una mente fertile e fervida come quella di una bambino, ancora libero da pregiudizi ed esperienze castranti al punto da poter spaziare ovunque ogni possibile combinazione di ambiente, colore, lingua, scenario e relazione con i vari personaggi che possano essere immaginari quanto reali superando i limiti di strumenti e ambientazioni.
Pur non volendo ammettere la ricerca di una propria identità attraverso quanto la quotidianità ci consente; è l'istinto del bambino che è in noi che continua a cercare il proprio immaginari,o nonostante oramai da adulti abbiamo troppe responsabili e relazioni condizionate ci si ritrovi limitati e si sia obbligati ad accondiscendere a strumenti appositi per avere identità quanto più realistiche o immaginarie rasentando anche i limiti della decenza e comprensione. Schiavi di un sistema che propone una iconografia di uomini e di donne pressoché fotocopia cerchiamo a volte di liberarci dalle catene di una identità che abbiamo ma con cui conviviamo a fatica trovandoci ad ammirare ed emulare personaggi che crediamo migliori di noi come vita e come benessere.

Da qualche tempo non venivano riversate qui delle parole è il motivo di base era legato alla ricerca del giusto immaginario, ricerca nella quale immaginare una identità rappresentativa, ricercando della, forse troppo, lontana immaginazione del bambino che ancora potrebbe nascondersi dentro ognuno di noi; ricerca della libertà senza limiti, scrollandosi di dosso etichette e responsabilità, vizi e preconcetti gravose zavorre che impediscono di immaginarsi ancora una volta senza ambizioni e aspettative, ma semplicemente essere quello che si vuole. Per taluni è coltivare un sogno diventare qualcuno, per altri è ambizione, per altri ancora una vocazione, ma resta il fatto che immaginarsi in un modo è concedere a noi stessi un modo per comunicare e relazionarsi con se stessi e con il resto del mondo.

2 commenti:

  1. Ti ringrazio per il commento e per aver dedicato il tuo tempo alla lettura delle mie parole senza pretese!

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